La dichiarazione di adottabilità presuppone sempre l’accertamento di uno stato di abbandono. In breve occorre verificare l’esistenza di comportamenti pregiudizievoli per la crescita serena ed equilibrata dei figli. Da tali condotte deve risultare infatti in modo certo, lo stato di abbandono, non solo morale ma anche materiale, che devono essere dimostrati in concreto. Quello che occorre accertare è inoltre la capacità e la volontà di entrambi i genitori di voler o meno recuperare il rapporto con i minori. A dirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n.7391/2016.

La pronuncia conferma che l'adozione di un minore, proprio perché recide ogni legame con la famiglia d'origine, rappresenta una misura eccezionale, che può essere condivisa solo ove si siano dimostrate impraticabili tutte le altre misure assistenziali, come ad esempio l'affidamento familiare a carattere temporaneo.

Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione

La vicenda da cui trae origine la sentenza riguarda appunto due genitori, che prima dal Tribunale poi dalla Corte d’appello si erano visti togliere la custodia della figlia. I giudici avevano infatti dichiarato lo stato di adottabilità della minore sul presupposto che i genitori soffrivano di patologie psichiatriche (il padre di “psicosi schizofrenica cronica”, la madre di una “psicosi cronica e disturbo borderline di personalità).

Avverso tale decisione ricorre in Cassazione il padre che sottolinea come il suo disturbo non aveva mai influito sulla sua vita relazionale e sociale e dunque sul suo rapporto con la figlia, avendo egli sempre provveduto anche al mantenimento economico della figlia.

Del tutto ingiusto quindi doveva considerarsi il provvedimento della Corte d'Appello di non accogliere l’affidamento etero-familiare, quale misura estemporanea, volta al recupero della famiglia d’origine.

La Corte di Cassazione nell’accogliere il suo ricorso ha richiamato anche la giurisprudenza Cedu, che ritiene che l’interesse di un genitore a stare insieme a suo figlio costituisce elemento fondamentale della vita familiare, in virtù dell’articolo 8 della CEDU sul diritto al rispetto della vita privata. Gli Ermellini hanno quindi bacchettato i colleghi di merito ritenendo che essi avessero preferito interrompere definitivamente il legame padre-figlia, piuttosto che porre in essere tutte le misure di sostegno utili a ripristinare il proficuo esercizio della funzione genitoriale, ai fini della tutela del superiore interesse della figlia.

I giudici di legittimità infine hanno concluso che la legge sull'adozione si ispira alla tutela esclusiva dell'interesse della prole. Ne consegue che il minore stesso non può essere allontanato sempre dalla sua famiglia di origine, pur in presenza di gravi situazioni come tossicodipendenze o una malattia purché siano transitorie. Il ritorno o la permanenza del minore in famiglia può verificarsi solo se tali situazioni sono risolvibili in tempi compatibili con quelli di crescita del minore

Ampia casistica sul tema: orientamenti contrari

Le motivazioni della Cassazione sembrano confermare l’orientamento maggioritario anche se altre sentenze dalla Cassazione si pongono in una ottica sostanzialmente diversa.

Per esempio, in un'altra occasione la Suprema Corte ha confermato la pronuncia del giudice di merito che aveva ritenuto sussistere una situazione di abbandono in relazione ad una vicenda di una minore la cui madre era risultata, all'esito di approfondite consulenze neuropsichiatriche, affetta da “disturbo della personalità di tipo misto”, tale da impedirle di assumere un ruolo genitoriale positivo ed adatto per la crescita della bambina che aveva subito dei danni psicofisici irreversibili, essendosi tra loro instaurata “una relazione distorta, a fondo perverso, di tipo sado - masochistico” gravemente pregiudizievole per il futuro della minore. (Cassazione n. 482 del 1998). Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al nome.