Con la morte di papa Francesco si apre ufficialmente nella Chiesa cattolica la fase di Sede vacante, ovvero il periodo compreso tra la fine di un pontificato e l’elezione del successore. Sono diversi i riti e le formalità che porteranno al conclave, di seguito proviamo a ripercorrerli.

Le procedure che portano al conclave

Le regole che disciplinano questo momento sono contenute nella costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996 e successivamente modificata due volte da Benedetto XVI.

Durante la Sede vacante cessano quasi tutti gli incarichi e la gestione dello Stato Vaticano passa nelle mani del cardinale camerlengo, attualmente Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, colui che nelle scorse ore ha comunicato il decesso di Francesco.

Il cardinale decano, attualmente Giovanni Battista Re, è incaricato di convocare a Roma tutti i membri del collegio cardinalizio: sia gli elettori, cioè coloro che non hanno ancora compiuto 80 anni, sia i cardinali ultraottantenni, che pur non votando partecipano alle cosiddette congregazioni generali. Queste riunioni a porte chiuse offrono ai porporati l’occasione di confrontarsi sulla situazione della Chiesa e di valutare i possibili candidati alla successione del vescovo di Roma.

In origine, la legge prevedeva che il Conclave iniziasse tra il 15° e il 20° giorno dalla morte del Papa. Tuttavia, Benedetto XVI, in occasione della propria rinuncia, introdusse una modifica significativa. Il suo pontificato terminò il 28 febbraio 2013, ma già l’11 febbraio aveva annunciato la decisione, permettendo così ai cardinali di organizzarsi per tempo.

Il Conclave fu quindi anticipato rispetto ai termini ordinari.

Per fugare ogni dubbio sulla legittimità di questa deroga, Ratzinger firmò il motu proprio Normas nonnullas il 22 febbraio 2013, chiarendo che, pur prevedendo un’attesa standard di 15 giorni per consentire l’arrivo di tutti i cardinali elettori, il collegio aveva la facoltà di anticipare o posticipare l’inizio del Conclave, purché entro 20 giorni dalla vacanza della Sede.

Le congregazioni generali

Una volta concluse le congregazioni generali, il cardinale decano celebra la messa Pro Eligendo Romano Pontifice, dopodiché le porte della Cappella Sistina si chiudono e iniziano le votazioni. L’ordine di uscita (“extra omnes”) sarà pronunciato da monsignor Diego Ravelli, maestro delle celebrazioni liturgiche.

Solo due persone non cardinali sono autorizzate ad assistere a determinati momenti delle votazioni: il maestro delle cerimonie e il segretario del collegio cardinalizio, monsignor Ilson de Jesus Montanari. In particolare cardinale Re, avendo superato gli 80 anni, non potrà votare: il ruolo di presidenza nel Conclave spetterà quindi al cardinale più anziano dell’ordine dei vescovi, Pietro Parolin.

Durante le congregazioni i cardinali sono liberi di scegliere dove alloggiare, ma dal momento in cui inizia il Conclave, devono risiedere a Casa Santa Marta, la struttura costruita proprio per i Conclavi e poi utilizzata anche come foresteria. Jorge Mario Bergoglio ne fece da subito la sua dimora preferendola all’appartamento papale.

Il conclave

Durante il Conclave i cardinali sono isolati dal mondo esterno: telefoni schermati, social vietati, ambienti bonificati. Chi lavora al loro fianco è tenuto al massimo riserbo, con la pena automatica della scomunica per chi viola il segreto. Per i cardinali non è prevista una sanzione, ma si fa appello alla loro responsabilità morale.

Il sistema di votazione, riformato anch’esso da Benedetto XVI, è stato pensato per favorire il consenso ampio. Secondo la versione originaria della Universi Dominici Gregis, se dopo 33 o 34 scrutini non si fosse arrivati a un accordo, i cardinali potevano decidere di eleggere un Papa con la sola maggioranza assoluta. Nel 2007, però, questa norma fu cambiata: anche al ballottaggio finale tra i due cardinali con più voti, è necessario ottenere i due terzi dei consensi.

I due candidati in questione, inoltre, non possono partecipare al voto.

Le schede vengono bruciate dopo ogni scrutinio, con l’aggiunta di un colorante: nero se non c’è stata elezione, bianco in caso contrario. Il fumo che esce dalla ciminiera della Cappella Sistina segnala così ai fedeli l’esito del voto. Da qui nasce anche il modo di dire figurato: "fumata nera" o "fumata bianca", che si usa anche in altri ambiti.

Dopo l’elezione, l’ultimo dei cardinali diaconi richiama in Cappella Sistina il maestro delle cerimonie e il segretario del collegio. Sarà poi il cardinale Parolin a rivolgersi al neoeletto con la tradizionale domanda: “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?

” (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?), e, in caso di risposta affermativa, proseguirà chiedendo: “Quo nomine vis vocari?” (Con quale nome vuoi essere chiamato?), dando così ufficialmente avvio a un nuovo pontificato.