Calabria. Rapporti tra ndrangheta e massoneria. Continua ad essere scoperchiato il vaso di Pandora e ciò che emerge dà il senso di come questa regione, la Calabria, sia condizionata da uomini che si muovono nell’ombra, determinando le fortune di chi fa parte della loro cricca, screditando ed annientando chi si pone di traverso. Su trentadue logge esistenti in Calabria, ventotto erano controllate dalla ndrangheta. A testimoniarlo le numerose pagine visionate, passate al setaccio da parte della procura antimafia di Reggio Calabria che sta facendo luce su come la ndrangheta orienti e sposti consensi su personaggi prescelti.
Va ricordato che la prima grande inchiesta sulla massoneria ebbe inizio nel 1992. A condurre le indagini all’epoca c’era Agostino Cordova, che cominciò ad indagare tra i rapporti che intercorrevano tra ndrangheta, colletti bianchi, servizi segreti deviati e borghesia mafiosa, uomini che contano e che non fanno venire mai meno la loro parola, in quanto legge. Cordova passò ai raggi X le attività del clan Pesce e risalì alla connessione che esisteva tra criminalità organizzata, politici ed imprenditori organizzati in logge massoniche coperte. Riuscì a risalire ai nomi di quaranta giudici, garanti su come organizzare ed affossare processi, e si imbatté anche in parlamentari collusi. Una lista della vergogna che determinò l’allontanamento di Cordova da Palmi, promosso alla procura di Napoli e l’archiviazione di tutta la sua indagine per mancanza di elementi significativi.
Grandi Vecchi tirano i fili dei loro burattini
Quando qualcuno turba l’equilibrio esistente deve essere messo fuori gioco e, in tutti questi anni, gli invisibili sono cresciuti, si sono ramificati al punto tale da inserirsi direttamente nelle istituzioni e governare direttamente la cosa pubblica. “Senza di noi è inutile che ti ci metti”, è questa la frase che racchiude il senso di come grandi Vecchi muovono i fili dei loro burattini, mentre da dietro le quinte predispongono il terreno per acquisire potere e rafforzarsi ulteriormente.
Ci voleva la determinazione del sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo per far luce su questi rapporti malati, infestati da parassiti che vivono in simbiosi con organismi sani fino a spolparli vivi. Sono ben organizzati gli invisibili che dispongono di una rete di comunicazione ben strutturata in linea con i tempi, che si muovono adoperando le tecnologie diventate lo strumento necessario per le loro pratiche, e hanno dalla loro parte giornalisti, intellettuali di riferimento ed hanno colonizzato anche lo spettacolo, quel settore che nel momento in cui sarà analizzato non mancherà di sorprese.
Giornalisti ridotti al silenzio
Emblematica la vicenda di Lucio Musolino, dal 2006 redattore di “Calabria Ora”, accompagnato alla porta per le sue inchieste sui rapporti tra cosche e politica, costategli atti intimidatori, giudicato dal direttore del tempo, Sansonetti, come “troppo forcaiolo”. Quello stesso Piero Sansonetti, che il 12 aprile ha dato vita al quotidiano il “Dubbio” eche ha come editrice unica la Fondazione dell’Avvocatura italiana del Consiglio Nazionale forense, afferma che il suo non è un giornale contro i magistrati ma contro il giustizionalismo, non dimenticando di parlare di perfidia dei magistrati. Chissà se il lavoro svolto dal sostituto procuratore Lombardi, che ha fatto venire allo scoperto il rapporto tra massoneria e politica, sia perfido o se il giornalista Michele Albanese, che vive sotto scorta, si sia meritato tutto questo, perché forcaiolo.
Certo è che, fino a quando la terra di Calabria non sarà disinfestata dalla mala pianta della criminalità organizzata, sempre più notabili rimarranno impuniti ed il territorio affogato e strangolato da affari che determinano la nascita e la morte delle altrui fortune o sfortune, ma che condannano il territorio all’immobilismo perpetuo.