Il maresciallo Marco Diana, il sottufficiale dei Granatieri di Sardegna che aveva ottenuto un risarcimento dallo Stato per la sua malattia (un tumore), provocata dalle esposizioni all’uranio impoverito mentre si trovava in missione all’estero, è stato denunciato ieri dai Carabinieri, insieme alla sorella S.D., 46 anni, casalinga e M.S., 45 anni, operaio, per “vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate, nonché tentata truffa in concorso”, si legge nel verbale redatto dai militari. Inoltre l’operaio e lo stesso maresciallo sono “stati segnalati all’autorità giudiziaria – come riportano i Carabinieri – per produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti”.

Accuse infamanti

Secondo l’accusa Marco Diana, a 47 anni pensionato ed invalido, si sarebbe rifiutato di presentarsi ad una visita medica richiesta dall’ente “Previmil” (Direzione generale previdenza militare), con sede a Roma, che avrebbe dovuto autorizzare il rimborso richiesto dall’uomo, oltre 20 mila euro, per delle spese effettuate per acquistare integratori indispensabili per potere andare avanti. Inoltre nel mese di giugno, il 20 per l’esattezza, Diana, la sorella e l’amico, avrebbero realizzato un video (pubblicato su Facebook e YouTube e poi rimosso) che s’intitolava “Io sono vivo”. Nel quale si dichiarava che "le diverse istituzioni del corpo militare, e anche civile, avessero abbandonato il militare non contribuendo in alcuna maniera al rimborso del denaro speso per le cure che il militare affronta quotidianamente".

Da qui poi sono partite le indagini dei Carabinieri, sfociate nelle denunce.

Marijuana in serra

Nelle righe messe nero su bianco dagli investigatori dell’Arma si legge anche che “durante la perquisizione domiciliare nell’abitazione del Diana, i militari avrebbero notato all’interno di una sorta di capanna nelle vicinanze dell’abitazione (appositamente schermato con della carta stagnola) delle fioriere che comunemente vengono utilizzate per mettere su una piccola serra.

Dopo un immediato controllo – prosegue il comunicato – si è accertato che all’interno del capanno erano custodite da parecchi mesi delle piante di marijuana, 20 per l’esattezza, che quasi certamente erano state tagliate e ridotte in frantumi poche ore prima della perquisizione”.