Avrebbe potuto fruttare anche più di un milione di euro la piantagione di marijuana scovata e messa sotto sequestro la scorsa mattina dagli uomini del Corpo Forestale tra i tanti sughereti del monte “Suelzu Mameli”, a Pattada. Esattamente nella impervia località “Baddu Ebas”, poco distante dalla più conosciuta e poco accessibile vallata di “Su piscamu”. Più di 1500 piante di marijuana pronte per essere smistate e vendute nel mercato al dettaglio della droga. In manette è finito Stefano Caboni, fabbro di Villaurbana in provincia di Oristano, che sarebbe uno dei presunti coltivatori della piantagione di marijuana.

L’uomo, che inizialmente si è dato alla fuga, è stato arrestato dagli uomini della Forestale e rinchiuso in una cella del carcere di Bancali, a Sassari.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Mario Leo, dovranno eventualmente far luce sulla possibile presenza di altri “soci”. L’operazione dei Forestali infatti sembrerebbe essere scattata dopo che gli uomini in divisa, che da mesi tenevano sotto controllo la zona, hanno notato un via vai di auto e persone che frequentavano una località particolarmente impervia e poco accessibile.

Una piantagione immensa

Le piante di marijuana recuperate e sequestrate sono tantissime: un sequestro notevole per la Sardegna. Erano state coltivate in un terreno di proprietà del Comune che si estende per oltre tremila metri quadri.

La serra era stata ricavata all’interno di un grosso canale ricoperto e circondato da una fitta macchia mediterranea che impediva la vista della piantagione soprattutto dall’alto. Intorno alle piante infatti era stato eliminato ogni altro arbusto che poteva creare problemi nella crescita e in una zona ben nascosta erano state già sistemate, all’interno di alcuni tendoni di colore blu, numerose piante che stavano aspettando l’essicazzione per poi essere vendute.

L’operazione, che durava ormai da tempo, è iniziata domenica mattina quando gli uomini della Forestale armati di buona volontà si sono inoltrati in una zona molto impervia di montagna. Le 1500 piante infatti erano molto difficili da individuare non però per gli agenti che sono purtroppo abituati a vedere questo tipo di strutture create in particolare nelle zone poco accessibili della Sardegna.

Curate nel dettaglio

Secondo il rapporto della Forestale la piantagione era stata coltivata da più persone. E ciò che ha più stupito gli agenti è stata la cura con cui era stata allestita. La canapa indiana infatti oltre ad essere molto rigogliosa era sistemata in modo da non essere contaminata da altre piante. Soltanto gli arbusti più alti venivano lasciati crescere per permettere di occultare meglio la piantagione. L’acqua che dava vita alle piante, irrorata con centinaia di grossi tubi da giardinaggio, veniva presa attraverso un particolare sistema idrico dal vicino rio dove erano presenti dei grossi serbatoi. Insomma una coltivazione di ultima generazione che è stata fermatadagli uomini del Corpo Forestale.