Recep Erdogan passa alle vie di fatto. All'alba di oggi l'esercito turco ha dato il via all'operazione "Scudo dell'Eufrate", i carri armati di Ankara hanno passato il confine siriano attaccando alcune postazioni dello Stato Islamico. Il bilancio è di 46 miliziani jiahdisti uccisi. L'azione si avvale inoltre dell'utilizzo di aerei e forze speciali, obiettivo la riconquista di Jarablus alla quale parteciperanno anche i miliziani dell'Esercito Siriano Libero che aspettano soltanto il nulla osta di Ankara.

Inutile sottolineare quanto i raid turchi sono diretti sia contro l'Isis che contro le forze curde dell'Ygp, lo ha dichiarato lo stesso Erdogan.

Il sostegno degli Stati Uniti

Washington mantiene la posizione tra due fuochi, perché ha dato pieno sostegno all'azione di Ankara trattandosi di un partner NATO ma dalle parole di Erdogan è stata ufficializzata anche l'intenzione di attaccare i curdi che fanno parte del Fronte Democratico Siriano, un alleato statunitense. Cosa faranno gli Stati Uniti nel momento in cui si arriverà, e sembra inevitabile, ad uno scontro aperto tra l'esercito turco e l'Ygp è il nodo di tutta la questione.

Anche perché ad oggi il supporto di Washington si è limitato alla condivisione di informazioni di intelligence ma Ankara potrebbe chiedere anche l'appoggio dell'aviazione. Dopo la presa di Manbij in cui è stato fondamentale l'apporto dei combattenti curdi, il piano militare prevede la marcia su Raqqa. Per prendere la principale roccaforte dell'Isis c'è bisogno dell'Ygp a meno che l'ingresso ufficiale della Turchia nel conflitto non preveda anche il pieno supporto nella conquista della presunta capitale del Califfato in Siria. Un elemento nuovo e certamente negativo per l'Isis che si troverebbe di fronte un esercito addestrato ed organizzato, un elemento negativo anche per i curdi il cui sogno di costituire uno Stato indipendente, il Kurdistan siriano, potrebbe essere sacrificato dinanzi alla necessità statunitense di sconfiggere in fretta l'Isis e conservare un alleato importante come la Turchia per bloccare in qualche modo le strategie russe in Medio Oriente.

Moslem: 'La Turchia sarà sconfitta'

L'Ygp non starà a guardare e non subirà senza reagire. "La Turchia sarà sconfitta, come l'Isis", sono le parole di Saleh Moslem, leader dei curdi siriani, scritte su Twitter. Gli fa eco anche Abd Salam Alì, rappresentante in Russia nell'Unione democratica curda. "Quella della Turchia è un'occupazione e se continueranno ad avanzare, lo scontro con i curdi siriani sarà inevitabile".

Le proteste di Damasco

L'azione di Ankara complica non poco tutta la questione siriana ad iniziare dai piani del regime. Se le truppe di Bashar al-Assad riescono a culminare vittoriosamente la difficile battaglia di Aleppo, l'intenzione è quella di puntare su Raqqa e con questo stato di cose si potrebbero trovare vicinissime all'esercito di uno storico nemico.

In tutto ciò sarà fondamentale il lavoro diplomatico già in atto da parte di Mosca, nel tutelare il fedele alleato siriano e mantenere il dialogo già intrapreso con Erdogan. Intanto Damasco ha già espresso le proprie proteste ufficiali per l'operazione "Scudo dell'Eufrate" attraverso un comunicato dell'agenzia di stampa SANA. "La Siria condanna questa palese violazione della sua sovranità - si legge nella nota - perché la lotta al terrorismo non va fatta spodestando l'Isis e sostituendola con altre organizzazioni terroristiche sostenute direttamente dala Turchia". Pertanto il governo siriano si appella direttamente alle Nazioni Unite "affinché pongano fine a questa aggressione, attuino le loro risoluzioni ed impongano alla Turchia ed agli Stati Uniti di rispettare le risoluzioni internazionali, prima tra tutte quella di chiudere le frontiere impedendo rifornimenti ai terroristi".