Tutti hanno il diritto d’oblio, almeno sul web. I tragici fatti di cronaca di questi ultimi giorni, hanno riacceso i riflettori sui limiti di quello che si può trovare sul web sulle singole persone. Il drammatico caso di Tiziana Cantone, suicidatasi per la diffusione sul web di un video hard, non è una caso isolato, ma l’ultimo di una lunga serie, avvenuti non solo in Italia, che fa riflettere e discutere l’opinione pubblica sui limiti alla divulgazione di dati o fatti personali non graditi tramite la rete.
La sentenza della Corte di Giustizia europea
In questo quadro, è riemerso con irruenza la possibilità del cosiddetto diritto d’oblio, così come sancito il 13 maggio del 2014 da una sentenza della Corte di Giustizia Europea. In sostanza, la Corte ha stabilito che i vari motori di ricerca debbano dare la possibilità a tutti di chiedere la cancellazione di link che li riguardano, se considerati inadeguati o non più rilevanti. Di certo, rientrano in questa casistica, proprio le foto o i video hard. Non a caso, dopo quella sentenza, i maggiori motori di ricerca, ma anche le altre piattaforme, come facebook o youtube, si sono adeguati, dando a tutti la possibilità di segnalare formalmente gli eventuali abusi per la rimozione del materiale considerato non idoneo e offensivo.
Un primo passo in avanti su una questione di difficile soluzione, che periodicamente riesplode alla luce di gravissimi fatti di cronaca come quelli avvenuti in questi giorni. La sentenza ha avuto la prima positiva conseguenza di fornire a tutti la possibilità di far sparire i link indesiderati, anche se di fatto non sempre è così facile, semplice e immediato.
Meglio di niente
Alcuni esperti, infatti, sostengono che il diritto d’oblio non sia poi così funzionale. Forse è così, ma piuttosto che niente è meglio partire da questo punto, dal diritto d’oblio. Non siamo più all’anno zero, ma abbiamo ancora molta strada da percorrere per evitare altre tragedie. Per tutti è difficile accettare la morte di una ragazza per un maledetto link.