Va a Jean-Pierre Sauvage, Sir J. Fraser Stoddart e Bernard L. Feringa, il premio Nobel per la Chimica conferito dalla Reale Accademia delle ScienzeSvedeseper questo 2016.
Si deve infatti ai tre docenti dell'Università di Strasburgo, della Northwester University e del'Università di Groningen, il merito di aver progettato e realizzato macchine molecolari, meccanismi tanto piccoli quanto efficaci. Grandi appena pochi nanometri, questi prodigi della scienza hanno, dunque, reso reali le teorie che, tra gli studi di Richard Feynman (padre delle nanotecnologie e Premio Nobel per la fisica nel 1965 per l'elaborazione dell'elettrodinamica quantistica), auspicavano la comparsa di macchine funzionali invisibili ad occhio umano dotate però di capacità motorie.
Lo scopo di Feynman era quello di costruire meccanismi che, a loro volta, avrebbero potuto realizzare questi piccoli organismi.
Le macchine molecolari sono sintetizzate dall'assemblaggio di molecole di diverso tipo, in grado di muoversi in modo autonomo le une rispetto alle altre. Fornendo energia a questi gioielli delle nanotecnologie è possibile metterle in moto; un moto controllabile, a seconda della costituzione che le viene attribuita. L'origine della nuova conquista ha origine nelle ricerche di Jean-Pierre Sauvage, impegnato in studi sulla fotochimica, che, legando tramite collegamento meccanico mobile (e dunque non con legami covalenti mediati dalla condivisione di elettroni) due molecole attratte da uno ione di rame (rimosso in seguito all'aggiunta di una terza molecola) è riuscito a sintetizzarne una catena, riuscente a garantire alle macchine in questione la capacità di svolgere mansioni.
Fu in seguito Fraser Stoddart a legare un anello molecolare ad un'asse, su cui l'anello riusciva a spostarsi, guidato dal calore applicato (da cui la creazione di un ascensore molecolare). Otto anni dopo, nel 1999, Bernard Feringa progetta il primo motore molecolare, un rotore virante senza sosta nella medesima direzione.
Le nanomacchine potranno trovare applicazione in numerosi campi, dallo sviluppo di nuovi materiali a nuove forme di immagazzinamento energetico. Una nuova immensa potenzialità di sviluppo simile a quanto avvenuto all'inizio del secolo scorso con l'introduzione dell'energia elettrica.