Che cosa accadrebbe oggi se si verificasse un’eruzione del vulcano Empedocle? È stato ipotizzato che in seguito ad un’eruzione sottomarina nel Canale di Sicilia, l’onda anomala raggiungerebbe le coste siciliane nel giro di 13 minuti. Le conseguenze sarebbero sicuramente disastrose per la quantità di danni materiali ma la perdita di vite umane potrebbe essere evitata creando un sistema di prevenzione adeguato. In primo luogo con l’installazione di sirene d’allarme e un piano di evacuazione serio che preveda anche esercitazioni periodiche per gli abitanti.

Empedocle è un gigantesco vulcano sottomarino situato a quaranta chilometri dalla costa di Agrigento e a 400 metri di profondità. Ha le dimensioni dell’Etna, con una forma a ferro di cavallo. Eppure questo gigante sottomarino è stato scoperto solo dieci anni fa, per caso, da Domenico Macaluso nel corso di una crociera scientifica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), per un documentario sull’isola Ferdinandea.

Nel 2007 la temperatura del mare si alzò di tre gradi

La scoperta, però, fu solo una conferma di quello che da tempo appariva evidente, agli scienziati dell’Ingv, sulla base dei frequenti terremoti e dal deposito di pietra lavica sulle spiagge dell’agrigentino, dopo quelli più intensi.

Per gli esperti dell’Ingv questi segnali richiedevano un’attenta valutazione. L’allarme aumentò nel 2007 quando in corrispondenza di una delle bocche del vulcano la temperatura del mare aumentò di tre gradi. Un innalzamento termico così elevato in un’area di mare di quella vastità si poteva spiegare solo con la presenza di un enorme sistema eruttivo sottomarino.

Analizzando i fenomeni pregressi e quelli registrati all’epoca, i vulcanologi ritennero la situazione preoccupante perché c’erano dei segnali significativi sulla ripresa di un’attività sismica e vulcanica con pericolo di eruzione. Un’eventualità che, seppure lontana da un allarme immediato, destava molta preoccupazione per i precedenti e catastrofici eventi del passato.

L’esempio più recente di questi eventi risale agli anni ’50 quando un maremoto devastò il porto di Sciacca. Più indietro nel tempo si ricorda lo tsunami del 365 d.C. che investì, con conseguenze catastrofiche, l’intera costa siciliana che va da Selinunte a Eraclea. Per Domenico Macaluso, comunque, un’eruzione non si può escludere perché, ragionando in tempi geologici, i 170 anni che ci dividono dalla nascita di Ferdinandea corrispondono ad un lasso di tempo brevissimo.

I Campi Flegrei del mar di Sicilia

L’area è conosciuta anche come Campi Flegrei del mar di Sicilia, perché in quella regione, situata nel canale di Sicilia tra le coste di Italia e Tunisia, sono riuniti ben 13 vulcani di cui l’Empedocle è il più grande.

Oggetto della ricerca, che portò alla scoperta del vulcano Empedocle, fu l’isola Ferdinandea che, spuntata nel tratto di mare compreso tra Sciacca e l’isola di Pantelleria nel mese di luglio del 1831, riaffondò pochi mesi dopo senza lasciare nemmeno il tempo a Inghilterra, Francia e Regno delle Due Sicilie di risolvere il contenzioso sulla proprietà della “neonata”.

Adesso l’isola Ferdinandea si trova a circa sei metri sotto il livello del mare e si ritiene sia uno dei coni eruttivi del vulcano Empedocle. Gli altri due sono il Terribile e il Nerita. Il colosso sottomarino Empedocle deve il nome al filosofo e naturalista greco che, secondo la leggenda, si lanciò nell’Etna per scoprire i segreti dell’attività eruttiva. Non risulta abbia scoperto qualcosa ma, comunque, è riuscito a dare il proprio nome ad un vulcano grande quanto quello che voleva studiare “a fondo”.