Avveniva diciotto anni fa il tragico evento che coinvolse alunni e insegnanti della columbine High School (Colorado, Stati Uniti d'America). Alle ore 11 di una tranquilla mattina di primavera, i due studenti Eric Harris e Dylan Klebold arrivarono armati fino ai denti davanti all'edificio. Il bilancio fu di 13 morti e 24 feriti, esclusi Eric e Dylan che alla fine si suicidarono.
Questo tremendo fatto di cronaca sollevò due pesanti dibattiti: uno sulla facile reperibilità di armi da fuoco in USA, l'altro sull'emarginazione sociale e l'uso smodato di psicofarmaci tra i teenager.
Tre brutti quarti d'ora
Ore 11:14. L'esplosione di un piccolo ordigno nel parco distrae il personale di sicurezza. Cinque minuti dopo, Harris e Klebold - con i loro fucili a pompa - stanno già sparando a dei ragazzi seduti su una collinetta d'erba accanto a un ingresso (Rachel Scott muore, Richard Castaldo resterà sulla sedia a rotelle). Seguono numerosi altri spari all'esterno: qualcuno viene ferito più o meno gravemente, qualcun altro viene ucciso, pochi riescono a scappare.
Un'insegnante (Patti Nielson) è convinta che i due stiano solo girando un video per il corso di cinematografia, quindi corre a rimproverarli per farli smettere. Presto si rende conto che quella non è una messa in scena e velocemente si reca in biblioteca, dove invita i cinquantacinque presenti a nascondersi sotto i banchi in silenzio.
Arriva uno sceriffo, ma è costretto dai dieci colpi con cui Harris e Klebold lo accolgono a chiedere subito rinforzi. Intanto i due irrompono dentro la scuola e la carneficina continua: uccidono il professor Sanders con un colpo al petto e si dirigono verso la biblioteca, dove arrivano alle 11:29, dopo aver lanciato qua e là vari ordigni.
Mentre la Nielson è ancora al telefono con i soccorsi chiusa in uno stanzino, Harris grida talmente forte "Alzatevi!" che l'operatore del 911 riesce a sentirlo. Nessuno si alza, ma loro iniziano comunque a sparare. Aprono il fuoco anche verso la polizia che è là fuori ad evacuare persone; gli agenti rispondono, ma non è finita.
Alle 11:37 i killer sono ancora in biblioteca a ricaricare le loro armi. Terrorizzano, deridono e uccidono altri compagni, poi tirano una molotov lasciando la stanza. Sono le 11:42 e i trentanove sopravvissuti finalmente possono scappare, mentre la professoressa e tre dipendenti resteranno chiusi in un'aula adiacente fino a pomeriggio inoltrato (la scuola verrà dichiarata sicura alle 16:30). In tutto questo le telecamere registrano Harris e Klebold mentre percorrono i corridoi sparando e seminando bombe. Vagano per un po' finchè alle 12:05 tornano in biblioteca, dove giacciono i cadaveri degli studenti più sfortunati. Proprio lì Harris si spara in bocca col suo fucile da caccia, Klebold preferisce un colpo di pistola in testa.
La SWAT irrompe alle 12:45 circa.
Di Eric e Dylan e di cosa li ha spinti a tanto
A quanto pare i fautori della strage, abbastanza bravi a scuola, per anni erano stati vittime di bullismo. Venivano continuamente presi di mira soprattutto dagli atleti del campus, che infatti furono tra i primi a subire quando ci fu il massacro. Piccoli segni di squilibrio risalgono già al 1996, anno in cui Eric Harris aprì un blog dove scriveva brevi pensieri su famiglia, scuola e amici. Dopo poco tempo quel blog si riempì di consigli su come aggirare sistemi informatici e costruire ordigni, fino a palesare la rabbia feroce che Eric nutriva nei confronti della sua società.
L'anno dopo il sito fu denunciato alle autorità dai genitori di Brooks Brown, in seguito alle minacce ricevute dal figlio da parte di Harris.
L'autore esprimeva online anche il suo desiderio di uccidere coloro che lo infastidivano.
A gennaio 1998 Eric e Dylan furono arrestati e processati perchè avevano rubato pezzi di computer da un furgone in un parcheggio. Si decise per l'aiuto psichiatrico. Fu loro prescritto un farmaco antidepressivo (lo Zoloft), ma quando Harris disse di avere pensieri suicidi e omicidi, invece di sospendere la somministrazione di psicofarmaci gliene diedero un altro simile (il Luvox). In seguito emerse che gli effetti collaterali di entrambe le soluzioni includono aggressività, perdita del rimorso, depersonalizzazione e sindromi maniacali.
Nonostante il sito fosse ormai diventato un mero contenitore di soluzioni per il videogioco Doom, i due avevano iniziato a documentare su videocassette il proprio arsenale (acquisito senza difficoltà) nonchè a riportare su carta ogni dettaglio dell'agghiacciante piano.
Mezz'ora prima della sparatoria girarono un ultimo video, in cui si scusavano con le famiglie e si vantavano di come sarebbero stati ricordati.
Columbine sul grande schermo
In uno dei loro filmati Eric e Dylan dichiararono di essere sicuri che da tutto ciò sarebbe stato tratto un film.
In effetti tre anni dopo uscì Bowling For Columbine di Michael Moore. La pellicola è dedicata ad approfondire il tema dell'uso delle armi in America, e lo fa analizzando in modo critico la vicenda della Columbine High School. Il regista giunge alla conclusione che a creare il crimine sono la paura e l'uso politico delle differenze sociali negli Stati Uniti, un paese dove alcune banche regalano pistole a chi apre un conto.
L'illuminante opera di Moore, con tanto di Happiness Is A Warm Gun dei Beatles come colonna sonora, vince il premio Oscar 2003 per il miglior documentario.
Lo stesso anno Elephant va al Festival di Cannes e vince la Palma d'Oro. Il titolo allude all'espressione inglese dell'elefante in una stanza, la famosa metafora della verità scomoda di cui nessuno vuole parlare. Gus Van Sant ci guida attraverso John lungo i parchi e i corridoi della scuola, ci fa incontrare gli studenti e scorgere i loro drammi personali, ci fa ascoltare Beethoven al pianoforte poco prima di mostrarci la follia, ricostruendo tutto in un modo così straordinariamente autentico e profondo da lasciare ogni spettatore inerte davanti ai titoli di coda.
"Mai ho visto un giorno così brutto e così bello".
Armi da fuoco in USA: l'effetto Trump sui baby step di Obama
Era maggio dell'anno scorso quando Donald Trump parlò alla stampa di voler abolire la Gun Free Zone. Senza quella si possono portare armi in uffici pubblici, scuole, chiese. Del resto, citandolo, "gli americani hanno il diritto di difendersi". Certo, come se negli Stati Uniti non si contassero 30mila vittime d'arma da fuoco all'anno e come se la lobby delle armi non fosse già abbastanza forte. Come se Columbine, Newton, Aurora e molte altre tragedie fossero pura fiction. Circa un mese dopo la sua dichiarazione 50 persone morirono ad Orlando, in quella sparatoria che è considerata - escludendo gli attentati - la più sanguinosa della storia statunitense.
Eppure Trump le elezioni le ha vinte e sta cancellando piano piano i piccoli passi avanti compiuti da Obama. Il 15 febbraio il Congresso ha allentato la stretta dell'ex presidente sulle armi, approvando meno controlli sugli acquisti di chi ha disturbi mentali. La giustificazione? Rinforzavano gli stereotipi negativi sulle persone disabili.