Non perdonerà e non dimenticherà mai! Così Julian Assange sfoga la sua gioia su Twitter, e soprattutto la sua rabbia, alla notizia della resa della magistratura di Stoccolma. “Sono stato rinchiuso per sette anni senza avere nessuna colpa – ha twittato il giornalista australiano – senza poter vedere i miei figli crescere e con la rabbia di sapere il mio nome infangato da un’accusa infamante e ingiusta”. Il fondatore di Wikileaks ha trascorso gli ultimi cinque anni bloccato all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Ma per i britannici il mandato di estradizione resta valido.

L’ambasciata ecuadoriana chiede salvacondotto per Assange

Anche il ministro degli Esteri dell’Ecuador, Guillaume Long, affida a Twitter la sua richiesta alla Gran Bretagna. Visto che il mandato di arresto europeo è ora decaduto, ha scritto Long, il Regno Unito deve garantire un salvacondotto per Assange. Ma per Scotland Yard, nonostante l’archiviazione delle indagini sulle accuse di stupro nei confronti del giornalista da parte della magistratura svedese, il mandato di cattura è ancora valido. A sfidare apertamente la Gran Bretagna sono gli attivisti dell’organizzazione fondata da Assange, wikileaks. L’accusa che i membri dell’organizzazione rivolgono contro le autorità britanniche è quella di rifiutare di confermare o negare di aver ricevuto, da parte degli Usa, una richiesta di estradizione per Assange.

Con questo atteggiamento, accusa Wikileaks, gli inglesi stanno inquinando le acque per impedire che Assange possa lasciare l’ambasciata dell’Ecuador, e quindi Londra, da uomo libero.

Doppio gioco di Scotland Yard?

Per la Gran Bretagna, dicono a Scotland Yard, il mandato di cattura europeo contro Assange resta attualmente valido.

La motivazione addotta dalla Metropolitan Police è che Assange si era a suo tempo rifiutato di presentarsi davanti alla Corte inglese, che doveva decidere riguardo alla sua estradizione in Svezia. Per Wikileaks si tratta, invece, di un escamotage attuato dalla Gran Bretagna in combutta con gli americani, per permettere a questi ultimi di avviare un nuovo procedimento giudiziario .

Gli statunitensi, d’altro canto, non hanno mai negato di considerate Assange un loro nemico. Nonostante i sette anni passati e la concessione della riduzione della condanna da parte di Obama alla “talpa di Wikileaks”, Chesea Manning, gli americani non hanno affatto dimenticato la diffusione dei documenti segreti da parte di Assange. Ma contro l’attivista australiano gli Stati Uniti non hanno ancora aperto un’inchiesto formale. A rendere chiaro che cosa ne pensino a Washington riguardo a Wikileaks ci ha pensato Mike Pompeo, il nuovo capo della CIA: l’organizzazione è un “servizio di intelligence non statale ostile” agli Stati Uniti.

Le speranze di Assange di aprire un dialogo con la GB

I legali dell’attivista australiano si sono subito messo in moto per riuscire ad ottenere un salvacondotto per il loro assistito.

È lo stesso Assange, dal balcone dell’ambasciata dell’Ecuador nella capitale britannica dove si trova dal 2012, a consegnare le sue speranze alla folla sottostante: “i miei legali hanno già contattato le autorità britanniche – ha detto l’attivista – io spero di riuscire ad aprire con loro un dialogo e mi auguro che assieme si raggiunga un modo ottimale di procedere – ha poi aggiunto – sarei felice di impegnarmi a trovare una soluzione anche con gli Usa”.