Gli jihadisti dell'Isis, asserragliati nel centro storico di Mosul, hanno fatto saltare in aria l'antica moschea di Al Nuri, a Mosul. A comunicare la notizia nel pomeriggio di ieri, 21 giugno 2017, sono i militari di Baghdad che, tramite la Bbc online, hanno precisato anche che loro stessi si trovavano a soli 50 metri dal luogo di culto, ormai ridotto in macerie. Nonostante questo fosse un gesto annunciato, visto che da tempo i militari del sedicente Stato Islamico minacciavano la moschea di Al Nuri, rimane senza dubbio un atto eclatante. Infatti, proprio dal pulpito della moschea di Al Nuri il 29 giugno 2014 Abu Bakr Al Baghdadi si era autoprocalmato Califfo dello Stato Islamico e nei mesi successivi il neonato Isis aveva proprio lì piantato la sua bandiera nera.
"Una dichiarazione ufficiale di sconfitta", ha definito il gesto il premier iracheno Haider.
L'ennesimo sfregio al patrimonio artistico e culturale
La distruzione della moschea di Al Nuri, imbottita di esplosivo dagli stessi soldati dell'Isis, allunga di lista di devastazioni del patrimonio artistico e culturale che lo Stato Islamico ha portato avanti nei luoghi della sua avanzata. Dopo il sito archeologico di Palmira, le antiche mura di Ninive e le varie barbarie commesse nei confronti di altri musei e siti archeologici, ora anche questa moschea del 12° secolo, simbolo dell'antico splendore della città di Mosul insieme al suo stupendo minareto pendente, è ridotta a un cumulo di macerie, come mostrano le immagini satellitari.
Un punto di svolta per le operazioni a Mosul
La distruzione della moschea di Al Nuri potrebbe segnare un punto a favore delle forze impegnate ormai da otto mesi nelle operazioni di liberazione della città di Mosul. 850 mila persone già sono fuggite dalle zone della battaglia, ma sono ancora almeno 100 mila i civili intrappolati tra i cannonneggiamenti nel centro storico della città, dove si combatte senza sosta da settimane.
I soldati del Califfato sono asserragliati in una superficie di appena cinque chilometri quadrati, circondati dalla coalizione anti-jihadiste che vede in campo forze della sicurezza irachena, combattenti Peshmerga curdi, milizie sunnite e consiglieri militari assistiti dalla coalizione a guida statunitense.
Nei primi mesi del 2017 il governo iracheno aveva annunciato l'avvenuta liberazione dell'area est di Mosul, ma non aveva nascosto i timori riguardo alla liberazione della zona del centro storico, dove sorgeva la moschea di Al Nuri.
Ora, nonostante le migliaia di unità impegnate per la liberazione, l'Isis continua a opporre una strenua resistenza nell'area nord-ovest della città e, distruggendo uno dei simboli dello Stato Islamico, avrebbe compiuto l'ennesimo atto dimostrativo del suo potere, ormai fortemente limitato: distruggere la moschea piuttosto che concedere al nemico la soddisfazione di rimuovere dal minareto la bandiera nera.
La versione dell'Isis
In un comunicato diffuso su Amaq, l'organo di propaganda del Califfato, gli jihadisti accuserebbero della distruzione della moschea le forze americane. Secondo i fondamentalisti, sarebbero stati gli Usa a bombardare la moschea, versione che non trova nessuna conferma, visto che gli americani affermano di non aver condotto raid nella regione.