Una morte "annunciata" che poteva essere evitata. Se solo le forze dell'ordine avessero preso in seria considerazione le richieste di aiuto di Anna Rosa Fontana, la donna di matera uccisa nel 2010 a soli 38 anni con 8 coltellate dal suo ex, Paolo Chieco, manovale ed ex macellaio di 60 anni, oggi in carcere. Lo stesso uomo che già 5 anni prima aveva provato ad ucciderla con 18 coltellate perché lei l'aveva lasciato. Ora i familiari di Anna Rosa si sono rivolti al Tribunale civile di Potenza per chiedere al ministero degli Interni un risarcimento molto ingente per la condotta di polizia e carabinieri giudicata omissiva.

Richieste d'aiuto alle forze dell'ordine inascoltate

Il giorno dell'omicidio, il 7 dicembre 2010, Anna Rosa Fontana, temendo d'essere uccisa dal suo ex che aveva già tentato di ammazzarla 5 anni prima con 18 coltellate e si era miracolosamente salvata, fa molte telefonate alle forze dell'ordine chiedendo aiuto. In particolare ne fa una alla polizia, le altre due ai carabinieri. Anna Rosa denuncia di essere seguita da Chieco, fa presente che c'è un'ordinanza che vieta all'uomo di avvicinarsi a lei e alla sua casa. Ma dal centralino della polizia le rispondono che la pratica non è di loro competenza. Allora la donna chiama i carabinieri che, nel corso di una prima telefonata, le dicono di avvicinarsi alla caserma così che l'uomo sia sorpreso in flagranza di reato.

La risposta seccata di un militare: 'Dille di non chiamare più'

Nella seconda chiamata, mentre Anna Rosa parla a un carabiniere, si sente una voce in sottofondo di un altro militare che dice: "Dille di non chiamare più". Infine l'ultima disperata richiesta: "Venite, vuole uccidermi". Quando finalmente i militari le comunicano che stanno arrivando, è troppo tardi.

Nel frattempo Chieco la uccide davanti a uno dei due figli avuti dalla donna da un precedente matrimonio, lasciandola inginocchiata sulle scale di casa con un coltello conficcato nella spalla. L'omicida sta scontando 30 anni di carcere, ma i familiari vogliono essere risarciti per la negligenza di carabinieri e polizia.

Per l'avvocato della famiglia c'è una responsabilità omissiva dei carabinieri

Giusto 40 giorni prima dell'omicidio, il gip Bia aveva emesso un'ordinanza con cui impediva a Chieco di avvicinarsi ad Anna Rosa, a sua madre, alle loro abitazioni, di contattarle e di stare a meno di 300 metri. Il provvedimento era arrivato dopo che, a ottobre, l'uomo, minacciandola con un cacciavite al collo, l'aveva sequestrata per un giorno tentando di strangolarla con una corda e quasi buttandola in un burrone. I carabinieri erano incaricati di controllare e verificare che l'ordinanza venisse eseguita e rispettata. Le telefonate fatte dalla vittima sono per Maria Pistone, avvocato della famiglia Fontana, prove della responsabilità omissiva delle forze dell'ordine che avevano l'obbligo di prestarle soccorso.

Tra la prima aggressione e quella mortale 5 anni di 'benevola' giustizia

Anna Rosa Fontana si sposa a 20 anni, ha due figli, ma dopo qualche anno si separa. Poi conosce Paolo Chieco da cui ha una bambina. Lui è possessivo, violento. Lei lo lascia. Viene accoltellata la prima volta nel 2005. Chieco è arrestato e deve scontare 12 anni e 6 mesi di carcere. Per effetto del rito abbreviato, la pena è subito ridotta a 8 anni e 4 mesi, e dopo 20 mesi di carcere l'uomo va agli arresti domiciliari. Dopo la legge sull'indulto e il ricorso in Appello, la pena è nuovamente ridotta da otto, a sei e poi a tre anni. Seguono anni di molestie, minacce, denunce inascoltate fino alla morte annunciata di una donna vittima di un uomo e di un sistema.