Kim Jong-un non è affatto un pazzo, ma nonostante ciò, la tensione è ben lontana dal diminuire e, anzi, subirà un'escalation nei prossimi giorni. Ad affermarlo è Yong Suk-lee, vice presidente della 'Korea Mission Center' della CIA. Il funzionario della principale agenzia di servizi segreti statunitensi è intervenuto nel corso di una conferenza a Washington che aveva come tema principale l'attuale crisi della penisola coreana. Gli Stati Uniti e la Corea del Sud, oltretutto, si aspettano una nuova provocazione del dittatore nordcoreano nei prossimi giorni.

'Kim vuole governare a lungo e morire nel proprio letto'

Dunque, contrariamente a quanto affermato in più di una circostanza dal presidente Donald Trump che, nei confronti del giovane omologo asiatico ha utilizzato termini come "folle" e "rocket-man" (uomo-razzo), Kim jong-un "è un uomo molto razionale e non ha il desiderio di arrivare allo scontro con le forze militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud. Kim - ha aggiunto l'esponente della CIA - desidera ciò che tutti i dittatori vogliono, governare a lungo e morire nel proprio letto". Secondo il parere di Yong Suk-lee, "i proclami e la retorica del leader della Corea del Nord non hanno come obiettivo la guerra, ma il riconoscimento internazionale come potenza nucleare con il quale, alla fine, negoziare un accordo con gli Stati Uniti che veda le forze armate americane lasciare la penisola coreana".

Il parere è condiviso da altri funzionari della CIA, secondo i quali i test missilistici e nucleari sono un modo per dare a Pyongyang un 'margine di manovra', in modo da perseguire i suoi obiettivi nella penisola.

Il rischio di una guerra

Probabile che la Corea del Nord stia anche testando il limite fin dove si può spingere con le sue azioni.

"Non sono sucidi - ha detto in proposito Joseph De Trani, ex inviato speciale USA per i colloqui con la Corea del Nord - ma stanno facendo un gioco rischioso che, se spinto troppo oltre, potrebbe portare ad un conflitto". Anche perché la possibile apertura di un dialogo, annunciata qualche giorno fa dal segretario di Stato, Rex Tillerson, è stata poi smentita dalla Casa Bianca.

Pertanto, in questo momento, non c'è davvero alcun margine per avviare un tavolo di negoziazione.

Il ruolo della Cina

Alla conferenza di Washington è intervenuto anche Michael Collins, vice assistente del direttore della CIA, incentrando il suo discorso sulle possibilità cinesi di fare da tramite per una soluzione diplomatica. "La Cina può certamente fare molto di più, quali effetti avranno le azioni di Pechino su Kim Jong-un è però tutto da vedere. La Cina - ha aggiunto - è combattuta dalle preoccupazioni per ciò che accade ai propri confini, ma cerca anche di stabilire una relazione stabile con gli Stati Uniti. I nostri sforzi per lavorare con Pechino, però, sono stati ostacolati dalla loro strategia globale che mira a limitare l'influenza di Washington nelle aree interessate dalla crisi".

Nuovo test missilitico il 10 ottobre?

I funzionari della CIA sono inoltre concordi su due aspetti relativi al dittatore nordcoreano che, almeno apparentemente, sembra non temere la perdita del sostegno cinese e nemmeno uno scontro con gli Stati Uniti, ed hanno definito "imminenti le nuove azioni dimostrative del regime". La questione era già stata sollevata da fonti dell'intelligence sudocoreana. Considerato che Kim Jon-un non sceglie mai a caso le date dei suoi test missilistici, si teme che possa ordinarne un altro per il 10 ottobre, giorno in cui viene celebrato l'anniversario di fondazione del Partito dei lavoratori della Corea del Nord.