Se ne parla talmente tanto che ormai non fa più notizia, magari attira il nostro interesse, ma solo per il tempo del TG, quando ci scappa il morto. Eppure dal 1 gennaio al 30 settembre 2017 sono sbarcati in Italia 104.949 migranti, dati sconcertanti per i più, ma per una piccola nicchia, molto piccola, sarebbero dati confortanti, visto che le persone che arrivano sulle nostre coste è diminuito del 20%. La domanda, d’altro canto lecita, che tutti si pongono è: chi sono queste persone?
A svelarcelo è Manuel Cantelli, poliziotto di lungo corso che presta servizio a Lampedusa, in una lettera indirizzata a ‘Il Tempo’, racconta la sua esperienza su cosa accade veramente durante gli sbarchi.
La Lettera a ‘Il Tempo’
“Sono stato trasferito da poco a Lampedusa per l’emergenza sbarchi, quello che ho visto mi ha sconcertato. Non sono un novellino, faccio questo mestiere da molto tempo, e come poliziotto mi sono imbattuto in fatti piuttosto strani, credo di aver visto un po’ di tutto o almeno lo credevo fino a quando non sono arrivato a Lampedusa”. Esordisce così Manuel Cantelli nella lettera inviata al quotidiano Il Tempo.
“Ci sono centinaia di arrivi sulle nostre coste e questo accade tutti i giorni, senza sosta. Alcuni arrivano con le proprie imbarcazioni altri con i famigerati barconi della morte e tutti, quando arrivano, vengono accolti da una specie di comitato di benvenuto, vengono nutriti, curati e con una pacca sulle spalle vengono lasciati liberi di andare dove vogliono”.
Secondo quanto dichiara l’agente di polizia, ai migranti, dopo la prima assistenza, viene fornito loro un foglio di via con una scadenza di 7 giorni “Ma in verità non facciamo altro che dargli un salvacondotto e nel giro di poche ore queste persone non esistono più, spariscono nel nulla”.
Non solo brava gente
“Senza ombra di dubbio sono disperati”, continua l’agente Cantelli, “ Ma anche in Italia ci sono persone che versano in condizioni disperate proprio come loro o forse di più.
In Tunisia c'è stato l’indulto e hanno aperto la porta a migliaia di carcerati, la maggior parte di quelli che arrivano qui hanno un’età compresa tra i 15 e i 30 anni, sanno già cosa li aspetta e non sono dei sprovveduti, molti di loro hanno un account Facebook dove condividono selfie e video durante la traversata”. Cantelli prosegue sulla sua lettera, “Chi lavora con me può testimoniare cosa dobbiamo subire ogni giorno, siamo costantemente insultati, derisi e provocati, non chiedono mai niente gentilmente, anzi hanno la pretesa su tutto e sono pronti a ‘scattare’ se non vengono accontentati in tempi brevi”.
Con gli occhi di chi vive ogni giorno questo dramma, Manuel Cantelli conclude la sua lettera a ‘Il Tempo’ e pensa che “ stiamo andando in una direzione sbagliata, tutto questo ci si ritorcerà contro. Spero veramente che si possa fermare questa invasione”.