Daniele Piervincenzi, giornalista di Report violentemente aggredito insieme al suo cameraman a Ostia mentre rivolgeva domande a Roberto Spada circa il suo sostegno elettorale a Casapound, ha paura di ritorsioni contro la sua persona e contro i suoi familiari. E' quanto ha riferito agli investigatori l'inviato di Raidue, sentito dai pm nell'ambito dell'inchiesta sul pestaggio che ha subito e che è costata il carcere all'aggressore.
La testimonianza di Piervincenzi
"Non so quanta gente abbia assistito al pestaggio, ma sicuramente erano più di dieci.
Qualcuno era affacciato alla finestra e ha visto ciò che è successo, ma nessuno si è fatto avanti per aiutarci. Al contrario mentre venivo aggredito ho sentito il rumore delle tapparelle che venivano abbassate" ha dichiarato Piervincenzi, che ha spiegato anche perché, anziché rivolgersi al vicino ospedale Grassi di Ostia, sia andato a farsi medicare altrove. "Temevamo che restare in zona non sarebbe stato prudente. Non avevamo solo paura che qualche membro del clan Spada potesse cercarci in ospedale per farci del male, ma anche che potessero sottrarci la telecamera con i filmati che avevamo girato", ha spiegato il giornalista.
Contestato il 'metodo mafioso'
I giudici della Dda (Direzione distrettuale antimafia) hanno contestato a Roberto Spada l'aggravante del cosiddetto "metodo mafioso" anche in funzione del clima di paura e di omertà che si respira ad Ostia proprio a causa dell'omonimo clan.
Il procuratore aggiunto Michele Prestipino ed i pm Giovanni Musarò e Ilaria Calò nei verbali fanno menzione alle dichiarazioni rilasciate dai giornalisti aggrediti e da alcuni collaboratori di giustizia, anche in altri procedimenti, a ricostruire le vicende del territorio. Secondo i magistrati il comportamento di Spada, che ha "ostentato in modo provocatorio ed evidente" aggredendo i due inviati di Report in un luogo pubblico, dinnanzi a molteplici testimoni e alle telecamere, sarebbe tale da "esercitare sui soggetti passivi l'intimidazione tipica delle organizzazioni mafiose".
Nel frattempo i legali di Spada hanno chiesto alla magistratura di revocare l'ordinanza di custodia cautelare o di concedere gli arresti domiciliari. La Procura invece ha ribadito le motivazioni secondo le quali l'uomo debba restare in prigione, nel carcere di Massima sicurezza di Tolmezzo, dove è stato trasferito dopo aver trascorso i primi giorni di detenzione a Regina Coeli.