Fu questione di pochi minuti. Tra le 16:43 e le 16:48, una valanga si staccò dalle pendici del Gran Sasso. Un’enorme massa di neve tra il Vado di Siella e il Monte Siella si lanciò a valle, incuneandosi nella Grava di Valle Bruciata. La neve travolse ogni cosa si trovava sul suo cammino, alberi, rocce e detriti, schiantandosi sull’hotel.
La valanga
L’impatto fu violentissimo. Immaginate di vedere una colonna di tir, lanciato alla velocità di una monoposto di formula 1. L’albergo rigopiano si trovava esattamente nel percorso della valanga. Venne letteralmente travolto, spostato di circa una decina di metri e seppellito sotto la neve, che avrebbe terminato la sua corsa a valle, sbarrando definitivamente la via di comunicazione già ostruita.
Fu una maledetta concatenazione di eventi a creare i presupposti della tragedia. Una nevicata di proporzioni immense, anche per un territorio abituato a simili eventi atmosferici. Quattro scosse di terremoto superiori a magnitudo 5, che interessarono tutto il centro Italia. Soccorsi partiti in ritardo e resi complicati dalle condizioni atmosferiche.
La tragedia
Sotto la neve rimasero 40 persone. 28 di esse erano clienti dell’hotel, intenzionati a passare qualche giorno di relax nella lussuosa struttura. 12 invece erano membri dello staff, intenti a svolgere il loro lavoro. Tutti loro avrebbero voluto abbandonare l’albergo già da tempo, ma non potevano. La strada era assolutamente impraticabile e nonostante i tanti appelli, non si riuscì a trovare una turbina che potesse liberare l’unica via di comunicazione.
In fin dei conti l’Abruzzo stava vivendo ore drammatiche e vi erano altre emergenze alle quali dare le priorità. Intere comunità isolate, famiglie che non riuscivano ad uscire di casa e speravano che questa non le crollasse sulla testa durante le scosse, erogazioni di corrente elettrica e di acqua potabile interrotta. Le persone dell’hotel avrebbero potuto aspettare nella spa, mentre venivano risolte altre e più urgenti questioni.
Chi mai avrebbe potuto immaginare una cosa del genere? Col senno di poi, la risposta a questa domanda la si può trovare nel bollettino del servizio nazionale di previsione neve e valanghe di Meteomont. Per le giornate del 17 e del 18 gennaio, era stata diramata un’allerta per le aree della Maiella e del Gran Sasso. Su una scala che va da 1 a 5, il pericolo indicato era di grado 4.
I soccorsi
Come se non bastasse, ad aggiungere dolore al dolore, è emerso che la richiesta di soccorso non venne presa sul serio inizialmente. Si pensava che fosse un falso allarme. In quelle ore regnava la confusione e a Farindola era crollata nella mattinata una stalla. Si pensò che chi aveva allertato i soccorsi, avesse scambiato questa con l’hotel Rigopiano. Per tutta queste serie di motivi, i soccorsi si misero in moto sollo tra le 19:30 e le 20.
La marcia di avvicinamento al luogo del disastro fu lenta e faticosa. I mezzi spazzaneve incontrarono sul loro percorso anche i tronchi abbattuti dalla valanga e questo fattore ritardò ulteriormente la loro marcia. Le condizioni atmosferiche non davano pace e la neve cadeva incessantemente, pertanto nessun elicottero poté alzarsi in volo.
Gli uomini della Guardia di Finanza e del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, CNSAS, decisero allora di proseguire con gli sci. Arrivarono sul posto solo intorno alle 4 del mattino.
Qui incontrarono due superstiti, che non si trovavano nella struttura al momento dell’impatto. Furono loro a lanciare il primo allarme. Rimasero coinvolti dalla valanga solo marginalmente, ma assistettero impotenti alla tragedia che si consumava sotto i loro occhi. Si tratta di un dipendente dell’albergo, che si era recato al locale caldaia, e di un cliente che invece si trovava vicino alla propria automobile. I due cercarono rifugio proprio nell’autovettura.
I soccorritori si misero subito all’opera, ma qui sorse il primo problema.
Da dove incominciare? L’hotel semplicemente non c’era più, sepolto sotto la fredda massa bianca. Poco dopo si imbatterono nel corpo della prima vittima accertata.
Il bilancio
La colonna dei soccorsi raggiunse la zona della tragedia solo intorno a mezzogiorno ed iniziarono le operazioni di ricerca. Queste andarono avanti senza sosta fino al 26 gennaio, praticamente trasmesse in diretta su tutti i canali televisivi. Purtroppo però il bilancio fu drammatico. 29 persone morirono sotto la morsa gelata. Persero la vita a causa dell’impatto e per asfissia. Successivamente sarebbe emerso che qualcuno si arrese solo dopo 40 ore. Dalla trappola mortale si salvarono solo in 9, 4 dei quali bambini. Questi erano nelle cucine.
Furono protetti da un solaio e ritrovati grazie all’aiuto fondamentale del dipendente dell’albergo scampato alla tragedia, che decise di restare per dare una mano ad orientarsi ai soccorritori.
Sugli errori, sui ritardi e sui difetti di progettazione farà luce la magistratura. Chi ha sbagliato pagherà le proprie colpe e sarà sottoposto anche all’inevitabile processo mediatico. Ma questo non cambia la sostanza dei fatti. 29 persone sono morte e forse, questa tragedia si sarebbe potuta evitare.