Il giorno dopo le dichiarazioni del ministro dell'interno Marco Minniti, in merito agli episodi di violenza verificatisi a Napoli nelle ultime settimane, una manifestazione, secondo gli organizzatori, di 5mila giovani ha attraversato le strade della periferia nord del capoluogo campano. Il corteo è partito simbolicamente dai quartieri diventati icona internazionale di violenza e criminalità. Proprio da quei territori considerati a rischio, troppo spesso oggetti di narrazioni criminalizzanti e troppo raramente centri di iniziative concrete di fuoriuscita da condizioni di marginalità sociale.

Lo stesso minniti pur essendo fortemente coinvolto dalla "drammaticità" di simili eventi, ha di fatto tralasciato, nella conferenza stampa a seguito del meeting di ieri in prefettura, di indicare possibili programmi di prevenzione e misure immediate che non siano di contenimento poliziesco. Rimangono ancora invisibili, quindi, per la politica istituzionale, tutte quelle persone che vivono quotidianamente stati di abbandono, situazioni abitative disastrose, elevati tassi di dispersione scolastica, strette tra assenza di lavoro e ricatto della criminalità organizzata.

'Non è colpa di Gomorra ma dello Stato'

Così recitava uno dei cartelli esibiti dai manifestanti scesi oggi in piazza in solidarietà a Gaetano aggredito lo scorso 12 gennaio all'esterno dell'uscita della metropolitana Chiaiano-Piscinola.

Una frase tanto dura quanto lucida, nell'individuare il vero attore assente nello scacchiere sociale delle periferie, perfino in questa campagna elettorale: la politica istituzionale. Si fa così chiarezza su un'altra questione largamente dibattuta, ossia la funzione "pedagogica" (al negativo) di serie tv, di diffusione internazionale, come Gomorra-La serie.

Sembra, quindi, che per gli studenti che hanno preso parola, gli stessi che subiscono varie forme di violenza sulla propria pelle, i moventi di simili aggressioni debbano essere rintracciati più nelle carenze di servizi essenziali, di cui uno Stato dovrebbe farsi garante, che in una "cultura giovanile gomorresca" in cui contano potere, armi e denaro.

Ancora una volta la voce delle periferie chiama a un'assunzione di responsabilità: basterà l'immagine di una Napoli popolata da milioni di visitatori a essere risposta di istanze sociali che da decenni restano inascoltate?