Sono già passati ben due secoli dalla sua comparsa, quando nel lontano gennaio 1818 venne pubblicato “Frankenstein” (noto anche come “il moderno Prometeo”). L’opera fu scritta da Mary Shelley alla giovane età di 19 anni durante una primavera piovosa in Svizzera; si dice infatti che l’autrice scrisse il libro durante una sfida con Lord Byron e la sorellastra a chi fosse in grado di scrivere la storia più spaventosa.

Anche grazie alla cinematografia, tutti conosciamo la celebre scena della nascita del mostro (che spesso viene erroneamente chiamato Frankenstein, quando quello è il nome del suo creatore Victor), tra fulmini e saette nella torre più alta del castello dello scienziato.

Dietro l'horror

Ben poco si sa del resto della storia, di cosa succeda realmente nella storia dopo il ritorno alla vita della creatura: non stiamo parlando di un essere impulsivo o primordiale, ma di un’anima al pari dell’uomo, almeno a livello celebrale. La creatura presenta uno sviluppo psicologico paragonabile a quello umano, dall’infanzia fino alla matura età.

Per iniziare, nel momento in cui apre gli occhi il mostro è spaventato ed agitato, come un neonato che strilla; solo che il mostro non ha mai avuto le sembianze di un neonato, come ben sappiamo. In seguito fugge poiché respinto dal suo stesso creatore, e impara usi e costumi osservando una famiglia di nascosto ed aiutandoli a loro insaputa.

Nella ricerca di una figura materna e una figura paterna, dichiara la sua esistenza alla famiglia, cercando di trovare un’identità in essa e un modo per farne parte, ma la famiglia fugge alla sua vista a causa del suo aspetto orribile, senza nemmeno provare a comunicare con la creatura.

L'umanità del mostro

Smarrito e senza un posto nel mondo il mostro si avvia alla ricerca del suo creatore, unica figura che possa offrirgli un senso nel mondo; una situazione molto più umana di quello che sembra, il ritorno del figliol prodigo nella ricerca di affetto.

Il mostro sviluppa anche un’identità sessuale e chiede al suo creatore di creare una Eva, un essere come lui ma di sesso femminile.

Questa fase del racconto corrisponde alla pubertà del mostro, la scoperta del sesso opposto: Frankenstein in un primo momento accetta la sfida, ma poi per paura delle conseguenze delle sue azioni abbandona il lavoro e scappa.

Ricolmo di vendetta (forse il sentimento umano più caratteristico), il mostro si sfoga sulla moglie di Victor, Elizabeth e la uccide. I due si inseguono a vicenda finché non si trovano al polo nord, ove il mostro confessa il crimine aggiungendo in lacrime che la sua malvagità nacque dall’odio e dal disprezzo che gli uomini gli hanno rivolto fin dal suo primo istante di vita. Decide così di darsi fuoco, nella speranza che nessuno dalle sue ceneri possa replicare l’esperimento di Victor.

Un finale che espone sommamente la maturità raggiunta infine dalla creatura, che ormai aveva ottenuto la piena consapevolezza delle sue sembianze e delle sue cognizioni. Era più umano, tutto sommato, di quello che il suo temibile aspetto poteva essere; in un mondo migliore privo di pregiudizi, probabilmente avrebbe vissuto una vita felice.