La ricchezza del lessico dei bambini islandesi, così come il livello di comprensione della propria lingua, ha subito una forte decrescita negli ultimi anni. Nel 2017 è stato calcolato, tramite il cosiddetto test PISA (Programma per la valutazione internazionale dell'allievo) che l'islanda è scesa al di sotto della media scandinava, in merito alla comprensione di un testo nella lingua madre tra i minori di 15 anni.

Lo stesso test non aveva registrato dati preoccupanti tra gli anni 2006, 2012 e 2015, mentre negli ultimi 2 anni c'è stato un aumento del 22% dei bambini e ragazzi che non riescono a comprendere un testo scritto.

Troppo internet, poca conversazione in casa

Il presidente dell'Unione degli insegnanti islandesi, Ragnar Þór Pétursson, ha affermato che le ragioni di questo fenomeno sono varie, e che possono essere attribuite sia ad un cambiamento nei comportamenti dei bambini, sia dei rispettivi genitori, oltre che all'eccessiva dipendenza sociale dall'inglese.

L'aspetto più preoccupante è che, mentre i bambini islandesi passano molto tempo usando dispositivi tecnologici - che ricorrono per lo più alla lingua inglese - i genitori non sembrano avere abbastanza tempo per parlare con loro di ciò che vedono e leggono online. Mancano la comunicazione e il contatto figli-genitori quotidiano, basati sulla conversazione in lingua islandese.

Minorificazione digitale: a rischio 21 lingue europee

A differenza delle altre lingue, quando in quella islandese c'è bisogno di ricorrere ad nuova parola, raramente ne viene importata o copiata una dal corrispettivo inglese. Si preferisce, infatti, coniare un nuovo termine radicato nell'antico passato norreno della lingua: un neologismo che sembra e suona come l'islandese, e che ne segue la grammatica.

Ad esempio, proprio il termine "islandese", applicato ai computer, diventa "tölva", dall'unione di due termini: "tala" che significa numero, e "völva" che vuol dire profetessa. Un browser, invece, viene indicato come "vafri", derivante dal verbo "vagare". Il podcast è "hlaðvarp", ovvero qualcosa che "carichi", che "butti".

Questa caratteristica rende l'islandese una lingua piuttosto speciale, la cui complessa grammatica rimane molto simile a quella di un millennio fa, ed il cui vocabolario non è stato alterato, ma nonostante ciò è pienamente in grado di affrontare concetti del XXI secolo.

Eppure quest'idioma rischia di svanire lentamente. "Si chiama minorificazione digitale - ha detto Eiríkur Rögnvaldsson, professore di lingua islandese e linguistica all'Università dell'Islanda - Quando una lingua di maggioranza nel mondo reale diventa minoritaria in quello digitale".

L'inglese, ormai, la fa da padrone, ed il suo peso e la sua varietà nei termini usati nel mondo dell'informatica e del digitale sono schiaccianti. Ma l'islandese è in buona compagnia: secondo le ultime ricerche, infatti, sono ben 21 le lingue europee potenzialmente a rischio di una "estinzione digitale".