Le avevano diagnosticato una 'banale' gastrite. Michela Ravazzolo, 47 anni, è morta lo scorso 4 aprile dopo due giorni di dolori lancinanti nella sua casa di Salboro in provincia di padova. L'autopsia ha fatto emergere la causa del decesso: un infarto intestinale che non le è stato diagnosticato. Ed ora, dopo l'esposto presentato in procura dalla mamma della vittima, il sostituto procuratore Emma Ferrero ha iscritto nel registro degli indagati tre medici che l'hanno visitata e seguita negli ultimi giorni di vita. Guardia medica, medico che l'ha visitata in ospedale e medico di base sono accusati di omicidio colposo: tutti e tre hanno diagnosticato un semplice problema gastrico rimandandola a casa.

Due giorni di atroci sofferenze

Tra la notte di Pasqua e Pasquetta, Michela Ravazzolo impiegata di 47 anni che abitava da sola, comincia a sentirsi male. Forti dolori allo stomaco le impediscono di dormire. Inizialmente pensa si tratti di un'indigestione, ma i dolori non accennano a calmarsi. Allarmata chiama la guardia medica che dopo averla visitata le diagnostica una gastrite acuta e le prescrive farmaci antinfiammatori. Ma il giorno successivo, malgrado stia seguendo la cura farmacologica, la patologia non si mitiga, anzi si accentua ed è accompagnata da vomito. Allora Michela, ancora più preoccupata, decide di andare al pronto soccorso. La mattina del 2 aprile viene visitata dal medico di turno, che la tiene sotto osservazione.

Quindi, come già fatto dalla guardia medica, le prescrive e somministra farmaci per la gastrite. La sera viene dimessa dall'ospedale con l'indicazione di andare poi dal suo medico di base per una terapia adeguata. Ma quando la donna torna a casa durante la notte si scatenano gli stessi dolori alla pancia, ancora più forti, accompagnati da conati di vomito: sintomi che fanno pensare a qualcosa di ben più grave di una semplice gastrite.

L'indomani Michela va dal medico di base che conferma le diagnosi dei suoi colleghi. Il giorno dopo, la mattina di mercoledì 4 aprile, Michela vomita sangue, poi perde i sensi: accorre il medico di base con il 118. I tentativi di rianimarla falliscono: muore dopo due giorni di agonia.

Autopsia e indagini

La mamma di Michela tramite l'avvocato Roberto Bondì ha presentato un esposto in procura mossa dall'intento di sapere come sia morta sua figlia e di avere giustizia se verranno accertate precise responsabilità.

L'autopsia eseguita dal medico legale Paolo Fais alla quale ha partecipato anche il consulente nominato dalla famiglia, Gianni Maria Barbutti, ha accertato che si è trattato di un infarto intestinale, i cui sintomi sono proprio vomito, nausea, spossatezza, dolori allo stomaco. Occorrerà attendere due mesi perché siano pronti altri esami che restituiscano il quadro completo dei fatti. L'indagine dovrà accertare se Michela poteva essere salvata, se ci siano responsabilità da parte di tre medici che hanno sbagliato la diagnosi.

L'ischemia o infarto intestinale si verifica quando i vasi sanguigni che confluiscono nell’intestino si contraggono o si ostruiscono, riducendo o interrompendo così l’afflusso di sangue all’organo.

Fondamentale è una diagnosi precoce per arrivare a un trattamento anticoagulante e trombolitico o, se la diagnosi è più tardiva, a un intervento chirurgico. Purtroppo le cose sono andate diversamente.