Da due settimane è online su Change.org la petizione che propone di modificare la legge che impone l’anonimato sulle donazioni: le firme raccolte sono già 14mila, sono parecchi dunque a sostenere l’idea di Marco Galbiati. Marco è un padre che ha dovuto affrontare la morte prematura del figlio: Ricky si è spento a soli quindici anni sulle piste dell’Aprica a causa di un infarto, nel gennaio 2017.

Nonostante la legge, Galbiati sui social ha conosciuto il ragazzo che ha ricevuto il rene destro di Ricky: entrambi ritengono che conoscersi sia stata un’esperienza emozionante e positiva.

Per questo motivo Galbiati si sta battendo: egli ritiene che questa legge non rispetti a pieno la volontà di ogni genitore. Ci sono persone che desiderano conoscere il donatore, altre che vogliono sapere a chi sono stati destinati gli organi, altri ancora che vogliono mantenere l’anonimato. La legge dunque, a suo avviso, rispetta la volontà solo di alcune famiglie, non di tutte.

Questa lotta è estremamente delicata e a sostenerla sono persone lacerate da un dolore profondo. La legge sull’anonimato è stata introdotta nel 1999 per tutelare la privacy in un contesto così fragile ed è approvata da alcuni medici e psicologi. Essi ritengono che l’incontro possa causare disagi, sensi di colpa e incapacità di affrontare la situazione.

Reginald Green, padre di Nicholas morto a soli sette anni in una sparatoria, sostiene la lotta di Galbiati, usando le pratiche americane come esempio: negli USA gli incontri sono permessi, e vengono regolamentati e controllati. Green sostiene che queste siano state esperienze colme di gratitudine, dialogo e conforto. Le relazioni inopportune sono state molto rare.

Green, Galbiati e altre 14mila persone portano avanti questa ideologia, ritenendo che la questione riguardi le persone coinvolte, pertanto la decisione deve spettare unicamente a loro: medici e psicologi dovrebbero, a loro avviso, sostenere le famiglie e regolamentare gli incontri.

I motivi dell'anonimato: l'opinione del Direttore del centro nazionale trapianti

Alessandro Nanni Costa ritiene che questo argomento sia molto complesso, poiché va a toccare etica, emozioni, privacy e molte altre sfere delicate. Egli sostiene che l’anonimato sia da salvaguardare: infatti grazie a questo obbligo si tutelano le famiglie che in quel momento hanno subito un lutto, famiglie che sono stravolte e addolorate dalla perdita. Il rischio è che ci si possa fare delle aspettative sul donatore o sul ricevente che poi possono essere infrante, causando ancora più dolore. Altro pericolo è che i riceventi possano sentirsi in dovere nei confronti della famiglia del donatore e questo può portare a richieste inopportune, e quindi al venir meno dello scopo dell’incontro.

Costa sostiene che ciò che accade nel cuore e nella mente di chi è coinvolto non possa essere prevedibile a priori e che dunque le conseguenze possono essere innumerevoli.

Sottolinea inoltre l’importanza degli psicologi che il centro nazionale trapianti mette a disposizione delle famiglie: i dottori possono comunicare età, genere e funzionalità dell’organo a chi deve riceverlo e possono avere il supporto degli esperti.