Una clausura 'social'. Sembra proprio una contraddizione in termini e forse lo è. Religiose che hanno scelto la vita contemplativa si affacciano alla realtà, compresa quella virtuale. Può essere? Ebbene sì, anche le suore di clausura non sono più quelle di una volta, chiuse dietro grate invalicabili, ritirate dal mondo seppure dedite ad aiutarlo a loro modo tramite incessante esercizio della preghiera. La Chiesa si aggiorna e per stare al passo con i tempi o per rispondere alla crisi vocazionale, ora le sorelle più intransigenti, dal loro santo 'confino' potranno accedere ai media, utilizzare i social e, perché no, chattare purché con moderazione.

Il Vaticano ha dettato nuove linee in tal senso.

Che fine fa il 'silenzio contemplativo'?

L'Istruzione 'Cor Orans' della Congregazione per gli istituti di vita Consacrata lo ha ammesso. Lo ha spiegato in una conferenza stampa il suo segretario, monsignor José Rodríguez Carball: l'uso dei mezzi di comunicazione per le sorelle può essere consentito purché avvenga per motivi di lavoro, formazione e informazione e con 'accorgimenti'. I rumori del mondo virtuale, la sua sovrabbondanza di parole e immagini non devono sovrastare l'occupazione prioritaria delle religiose: stare appartate nel silenzio contemplativo e nel distacco dal mondo. A ciascun Capitolo conventuale il compito "di stabilire la modalità di uso di questi mezzi".

Ma davvero riusciranno nell'intento senza cadere nelle 'tentazioni' della Rete? O in una qualche dipendenza da Internet come può succedere a tutti i mortali? La questione si era proposta già qualche anno fa ed era sorta, inevitabile, una polemica tra chi era favorevole all'avvio di una 'clausura 2.0' e chi ritiene lo stile di vita scelto da queste monache inconciliabile con la frequentazione di social.

E nel 2016 papa Francesco rivolto espressamente agli ordini femminili li aveva invitati a un uso prudente dei social. Bergoglio tuttavia è molto attivo sui social attraverso l'account Pontifex su Twitter

Suore 'militanti' via Facebook

Un caso eclatante è stato quello delle carmelitane di Hondarribia della diocesi spagnola di San Sebastián che lo scorso aprile attraverso Facebook hanno preso posizione contro una sentenza su uno stupro che ha indignato la Spagna.

I cinque autori di una violenza sessuale avvenuta nel 2016 durante la festa di San Fermín a Pamplona sono stati ritenuti colpevoli solo di un abuso e non di una violenza sessuale. Le suore in un post che termina con la frase 'Sorella io ti credo', hanno scritto che, anche se vivono in clausura, difendono il diritto delle donne di fare la vita che vogliono senza venir violentate, uccise o umiliate.

Caso all'avanguardia, le cappuccine napoletane

Napoli è una città particolare, con una sua vivacità e un approccio ai fatti originale. Non sfuggono a questa modalità neanche le clarisse cappuccine che hanno una loro regolamentare pagina Facebok e nel 2015 si sono rese coprotagoniste di un 'siparietto' a distanza, ovviamente via web con la arcinota Luciano Litizzetto.

L'irriverente comica aveva commentato con pungente ironia un video in cui si vedono le clarisse 'assalire' papa Francesco. A suo dire non si capiva se fossero tutte intorno a Bergoglio perché non avevano mai visto un papa, o piuttosto per non aver mai visto un uomo. Con la tempestività che è sola dei social, si è scomodata a risponderle la madre badessa per dire in sostanza, "aggiornati Luciana": il manzoniano immaginario delle monache di vita contemplativa non sta più in piedi. C'è poi il caso del monastero di Santa Clara di Oristano, in Sardegna che, rimasto con appena 10 sorelle, ha pubblicizzato on line la propria attività per cercare nuove adepte. E chissà quante sorprese riserverà ancora al mondo questa nuova clausura connessa, se non iper-connessa.