A rintracciare E.T. saranno i numeri. La matematica accorre in aiuto degli astrofisici, ma anche di visionari e sognatori, per dare una mano a cercare alieni o eventuali segnali sparsi nella Via Lattea elaborati da civiltà intelligenti distanti da noi anni luce.

E' italiano il modello matematico elaborato per cercare di decodificare segnali registrati dai radiotelescopi puntati verso lo spazio profondo. A realizzare questo nuovo metodo è il fisico Claudio Grimaldi, alla guida del gruppo dell'École Polytechinique Fédérale di Losanna insieme all'università della California.

Extraterrestri, il modello matematico per 'stanarli'

Di radiotelescopi, giganteschi orecchi e occhi puntati nell'immensità per captare un qualsivoglia segnale dalla Via Lattea, non ne mancano sulla Terra. Claudio Grimaldi, ricercatore all’École Polytechnique Fédérale de Lausanne, ha elaborato un modello statistico basandosi sul teorema di Bayes. Un nuovo metodo che è stato appena descritto sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, la Pnas, 'Proceedings of the National Academy of Sciences'. Grimaldi lo definisce come il metodo più semplice ed economico per scoprire se oltre il sistema solare possa esistere una civiltà intelligente, tecnologicamente avanzata, quanto e più della nostra.

Consiste nell'utilizzare i dati raccolti dai radiotelescopi per individuare possibili segnali emessi nella nostra galassia che arrivino a noi. Secondo quest'impostazione, individuare un solo segnale in 500-1000 anni luce di distanza da noi, starebbe a significare che almeno una stella su un milione possa aver ospitato o ospiti extraterrestri.

Anzi di più: un segnale del genere rilevato, indicherebbe la presenza di almeno 10mila civiltà aliene in grado di emettere segnali radio. Insomma, la nostra sarebbe una galassia densamente popolata da E.T.

Altrimenti, se entro 40 mila anni luce di distanza non venissero individuati segnali, ciò potrebbe significare che si possa escludere in tutta la galassia l'esistenza di civiltà che usino tecnologie simili alla nostra.

E allora dovremmo rassegnarci all'idea di essere soli, per lo meno nella regione d'universo che abitiamo.

Alieni, una 'caccia' rimasta finora insoddisfatta

Dove sono gli alieni, perché nessuno ci ha mai contattato? Ci ignorano volutamente? Il primo a livello scientifico a porsi la domanda delle domande, siamo soli nell'universo?, fu il fisico Enrico Fermi.Tentò di rispondergli l ’astronomo americano Frank Drake, che nel 1961 mise a punto un'equazione secondo la quale ci sarebbero un miliardo di pianeti simili alla terra e 100mila civiltà intelligenti come la nostra.

Da allora è 'caccia grossa' agli alieni. In tal senso è stato avviato il progetto Usa denominato 'Seti', Search for Extra-Terrestrial Intelligence, ricerca di intelligenza extraterrestre.

Nel 1977 avvenne il clamoroso caso dell'emissione dell'ormai celeberrimo segnale 'Wow" proprio quando il progetto era al massimo della popolarità. Un 'suono' che sarebbe stato emesso dalle comete, rimasto unico, senza repliche, per cui non è stato possibile attribuirlo a vita aliena. Un mistero nel mistero.

Il segnale radio proveniente dalla costellazione del Sagittario fu captato dall'osservatorio Big Ear dell’Ohio State University e registrato per 72 secondi prima che la rotazione terrestre lo perdesse. Sulla scia dell'emozione dell'evento, fu realizzato un film, Contact, tratto dal romanzo dell’astronomo e divulgatore Carl Sagan, tra i sostenitori del progetto, con una Jodie Forster cacciatrice di vita aliena.

Oggi i radiotelescopi disponibili sono ben più potenti: possono captare segnali fino a 500-1000 anni luce (la nostra galassia ha un diametro di circa 100mila anni luce). Il modello matematico che pare semplice e non lo è, si scontra però secondo lo stesso Grimaldi con un rischio non da poco: che tra l'emissione del segnale e la nostra ricezione, una civiltà aliena possa nel frattempo scomparire. O, viceversa, che i nostri segnali saranno recepiti quando la nostra specie sarà estinta.