Una storia che ha dell'inverosimile, iniziata il 21 maggio dell'anno scorso e destinata a protrarsi nell'aula di un tribunale a partire dal 26 settembre, quando Alessio Feniello dovrà affrontare un processo per aver portato dei fiori in memoria del figlio Stefano, morto in seguito alla tragedia dell'hotel Rigopiano avvenuta nel gennaio del 2017. La "colpa" dell'uomo è quella di aver violato i sigilli apposti dall'autorità giudiziaria a Farindola insieme alla moglie Maria.
Qualche mese fa, il papà di Stefano era già stato condannato a versare una multa da 4.550 euro proprio per aver attraversato senza alcuna autorizzazione la "zona rossa" che delimita l'area su cui sorgeva la struttura abruzzese.
L'uomo, però, aveva dichiarato che non avrebbe mai pagato la sanzione comminatagli per aver portato dei fiori al figlio, presentando una contestazione di comune accordo con il suo avvocato. Tuttavia, pochi giorni fa il gip del Tribunale di Pescara, Elio Bongrazio, ha firmato il decreto di giudizio immediato, stabilendo che Feniello dovrà essere sottoposto al primo grado di giudizio il 26 settembre.
Alessio Feniello: 'Andrò al processo a testa alta'
"Ma vi sembra normale che in Italia i magistrati, dopo che mi è stato ucciso un figlio, sprechino denaro pubblico (e le loro energie) per mandarmi a processo solo per aver portato fiori dove hanno ammazzato il nostro ragazzo? È una vergogna. Una vergogna", ha dichiarato Feniello a Il Fatto Quotidiano.
In un secondo momento, intervistato da Quotidiano.net, l'uomo ha aggiunto: "Andrò al processo a testa alta. E non sarò solo. C'è chi mi ha già fatto sapere di essere pronto a manifestare e a incatenarsi. Ripeterò come sono andati i fatti, posso dimostrarlo".
L'avvocato Camillo Graziano, che assiste i coniugi Feniello fin dall'inizio di questa paradossale vicenda, ha ricordato che per la moglie di Alessio, Maria, il giudice ha ritenuto scusabile la violazione dei sigilli giudiziari, applicando il 131 bis sulla tenuità del fatto e tenendo conto dello stato emotivo in cui si trovava la donna nel momento in cui si era recata a Rigopiano per lasciare dei fiori laddove il figlio aveva perso drammaticamente la vita.
Di conseguenza, il legale non si spiega perché non sia stata riconosciuta la stessa clemenza anche al padre di Stefano.
In queste ultime ore, sono numerosi i messaggi di solidarietà e sostegno che Alessio Feniello sta ricevendo non solo da persone comuni, ma anche da forze politiche. Forza Nuova Abruzzo, ad esempio, ha fatto sapere di essere pronta ad affiancare l'uomo nelle diverse fasi del procedimento giudiziario, facendosi carico di tutte le azioni verbali e scritte che il 57enne vorrà adottare.
Anche il ministro dell'interno Matteo Salvini, dopo aver appreso che Feniello dovrà presentarsi al Tribunale di Pescara, ha dichiarato: "Pazzesco, andrò al processo con lui".
Intanto sui social network - in particolare su Twitter e Facebook - il popolo del web si sta mobilitando per stringersi attorno ad Alessio Feniello, sottolineando come il decreto di giudizio immediato nei suoi confronti rappresenti una presa di posizione a dir poco discutibile.
Inizialmente il figlio Stefano era stato inserito nella lista dei sopravvissuti
Stefano Feniello si era recato a Rigopiano insieme alla fidanzata Francesca Bronzi per trascorrere la prima vacanza insieme e festeggiare contemporaneamente anniversario e compleanno di lui.
La ragazza è riuscita a sopravvivere alla valanga che il 18 gennaio 2017 travolse l'hotel di Farindola, mentre il 28enne, dopo essere stato inserito tra i superstiti per errore, fu dichiarato morto.
"Con la luce del telefonino, finché la batteria ha retto, ho illuminato il braccio di Stefano. Vedevo solo il suo braccio. Si lamentava, lo chiamavo ma non rispondeva. Poi non l'ho sentito più neanche lamentarsi", aveva raccontato la giovane dopo essere stata estratta dalle macerie dell'Hotel Rigopiano.