Negli ultimi tempi era diventato sempre più magro, non riusciva più a dormire, mentre quando era a casa finiva col minacciare i genitori, arrivando anche a picchiarli e derubarli, specialmente nei momenti di astinenza dalla droga. La coppia aveva già fatto richiesta di affidamento ai Servizi sociali per il figlio, non ancora diciottenne, in modo da facilitare il suo ingresso in una comunità di recupero. Il Tribunale per i minorenni aveva iniziato ad occuparsi della questione, ma a i tempi della burocrazia erano troppo lunghi. Così il padre e la madre del giovane, ormai esasperati, si sono rivolti ad un commissariato per chiedere aiuto: “È l’unico modo che ci rimane per cercare di salvarlo” hanno spiegato agli agenti, chiedendo loro di arrestarlo per indurlo a curarsi dalla grave forma di tossicodipendenza in cui versava.
Quanto accaduto a Milano non è una novità: già altre volte genitori hanno denunciato i figli con problemi legati al consumo di sostanze stupefacenti, per fermarli. Episodi del genere si ripetono sempre più spesso.
Il fermo per spaccio di piccoli quantitativi di droga
Il Corriere della Sera ha raccontato il seguito della vicenda: dopo la singolare denuncia, i poliziotti si sono interessati al caso del ragazzo, collaborando con il Tribunale per i minorenni. Così gli agenti hanno deciso di fare un’insolita alleanza con i genitori per “incastrare” il giovane, con l’accusa di spaccio di piccoli quantitativi di droga. Infatti la legge non prevede l’obbligo di cura, neppure per i minorenni, a meno che non subiscano una condanna penale.
In questo caso l’affidamento ad una comunità di recupero è previsto come alternativa concreta al carcere, anche senza il loro consenso. Tuttavia, come ha ricordato il procuratore capo del Tribunale per i minori di Milano, Ciro Cascone, perché il percorso di riabilitazione dia i suoi frutti, è sempre necessario l’impegno dei soggetti interessati.
La prima ‘canna’ in terza media
Il protagonista di questa storia aveva iniziato ad utilizzare abitualmente cannabis sin dai tempi della terza media. La situazione è ulteriormente peggiorata quando è passato a frequentare un istituto tecnico ed ha iniziato a fare un uso sempre più massiccio di altre sostanze come ketamina, psicofarmaci, crack e cocaina.
La sua forma grave di tossicodipendenza lo ha portato col tempo ad abbandonare la scuola e a compiere violenze sempre più gravi verso i genitori. Dalla vicenda in esame emergono le gravi difficoltà che si incontrano per aiutare chi finisce nel tunnel della droga. Infatti i tempi di attesa per entrare in comunità sono molto lunghi; inoltre spesso non ci sono posti disponibili. In tutta la Lombardia esiste solo una struttura idonea ad ospitare adolescenti, mentre solo a Milano sono 300 i minori in cura per dipendenza da stupefacenti. D’altro canto le comunità che accolgono pazienti più grandi non hanno le risorse necessarie per offrire un servizio adatto ai più giovani. Inoltre è sempre complicato convincere i ragazzi a sottoporsi volontariamente ad un percorso riabilitativo: per gli esperti del settore bisognerebbe intensificare la prevenzione e far passare il messaggio che la tossicodipendenza è una vera e propria malattia.