Nella mattina del 28 febbraio è stata compiuta una operazione di polizia a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. I carabinieri del Comando provinciale di Messina, affiancati in questa occasione dei Ros, hanno arrestato 59 persone, ritenute dagli inquirenti appartenenti alla nata cosca mafiosa dei "barcellonesi", accusati dei reati di associazione mafiosa, associazione a delinque finalizzata allo spaccio di stupefacenti, estorsione, detenzione illegale di armi da fuoco, violenze e minacce. L'operazione, condotta con successo dai militari dell'Arma, è stata chiamata Dinastia ed è nata da una inchiesta condotta dal pm Maurizio de Lucia sulla cosca mafiosa originaria appunto del comune siciliano, tradizionalmente legata a Cosa Nostra di Palermo.

Le indagini che hanno portato al fermo dei presunti mafiosi

I presunti mafiosi sono stati arrestati, dopo la conclusone delle indagini, in quanto negli ultimi anni hanno fatto numerosi investimenti nel traffico di stupefacenti, per integrare ciò che non sono riusciti ad avere dall'attività estorsiva nei confronti degli imprenditori. Nel corso della conferenza stampa, che si è svolta nella caserma del Comando Interregionale Carabinieri "Culqualber" di Messina, il dottor De Lucia ha analizzato i fatti come si sono verificati. Il procuratore ha detto chiaramente che questa è una cosca rinata dalle ceneri della vecchia famiglia, decimata dopo i numerosi arresti del passato.

I nuovi boss, che sono i figli dei vecchi padrini, hanno voluto a tutti i costi rinverdire i fasti della famiglia, compiendo ciò che i loro predecessori hanno compiuto nel lontano passato.

Questi hanno operato negli ultimi tempi sia nel territorio della provincia che a Lipari, ed hanno rifornito di droga anche gruppi mafiosi di minore importanza. Essi agivano come veri capi e si passavano i "pizzini" attraverso i social, per non essere intercettati dalle forze dell'ordine.

La ribellione di commercianti e imprenditori è stata fondamentale per l'operazione

Per poter avere il denaro necessario, usavano anche chiedere il pizzo ai commercianti ed imprenditori della zona, i quali, non riuscendo a sostenere questo costo gravoso per via della crisi economica, hanno trovato il coraggio di denunciare i loro persecutori.

Da lì è nata l'inchiesta della DDA di Messina che ha scoperto, anche grazie alla testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia, l'imposizione a vari esercizi commerciali le loro slot-machines, ovviamente truccate a dovere, per ricavare altro denaro illecito da investire. Infatti un collaboratore di giustizia ha riferito, in sede di colloquio con i magistrati, che c'è stata una clamorosa vincita di 500mila fatta al centro scommesse SNAI di Barcellona Pozzo Di Gotto attraverso le macchinette mangiasoldi. I mafiosi, venuti a saperlo, hanno preteso il pizzo sula vincita per la somma di 5mila euro ai due fortunati. Dalle intercettazioni è emerso, inoltre, che gli affiliati della nuova famiglia mafiosa per comprare lo stupefacente si sono rifornite dalle 'ndrine calabresi. Un quadro chiaro di illegalità diffusa, finalmente stroncato dall'azione degli inquirenti, che hanno lavorato a questo caso.