La Suprema Corte a Sezioni Unite con la recentissima sentenza n. 32198 del 5 novembre ha sostanzialmente rivisto i principi cardine in materia di assegno divorzile sancendo un nuovo principio: ovvero il coniuge che inizia una nuova convivenza non perde automaticamente il diritto di ricevere l'assegno, questo perché deve essere valutato caso per caso e sulla scorta di prove concrete. Sul punto, la giurisprudenza maggioritaria ha sempre escluso al partner che inizia una nuova relazione, basata sulla convivenza “more uxorio”, il diritto di pretendere di essere mantenuto con l'assegno dall’ex-coniuge.

Le motivazioni sottese a tale consolidato orientamento sono da rintracciarsi nel fatto che la costruzione di nuova "famiglia di fatto" sterilizza la necessità di mantenere un tenore economico uguale a quello goduto nella precedente relazione matrimoniale.

La Cassazione sull'assegno divorzile e il caso concreto

I giudici di legittimità a S.U. hanno però spazzato via tale vecchio orientamento sancendo che bisogna invece far riferimento al caso concreto e bilanciare quindi di volta in volta i diversi interessi in gioco. In particolare la presenza di una nuova convivenza che abbia carattere continuativo e stabile non determina necessariamente la perdita integrale dell'assegno divorzile, sebbene possa determinare una rimodulazione della somma da riconoscere all'ex coniuge.

La vicenda da cui trae origine la decisione della Corte di Cassazione a SS.UU. ha come protagonista un'ex moglie che aveva chiesto di conservare l'assegno malgrado la nuova famiglia e un figlio avuto dal suo nuovo compagno, un operaio con uno stipendio di mille euro al mese. Tutto ciò perché la stessa aveva rinunciato al ruolo di manager in un'importante industria e quindi si trovava ora in una posizione economicamente più debole rispetto a quella dell'ex marito che era una facoltoso industriale, con un fatturato di diversi milioni di euro.

Ecco quindi la pretesa della donna a ricevere l’assegno perché non più in grado di mantenersi.

I giudici delle Sezioni Unite hanno quindi appoggiato la sua posizione, sulla scorta delle prove prodotte, e dell'accertamento che la mancanza di mezzi adeguati era dovuta alle rinunce alla sua vita professionale e lavorativa, fatte al tempo del suo precedente matrimonio.

Liquidazione dell'assegno: secondo la componente compensativa, viene esclusa quella assistenziale

Sussiste quindi nella fattispecie concreta il diritto a ricevere l'assegno di divorzio nella sola componente perequativa compensativa, e non in quella assistenziale. Se la seconda è destinata a venire meno quando il coniuge inizi una nuova relazione stabile in virtù del c.d. principio di autoresponsabilità, la prima mantiene infatti la sua ragion d'essere, perché si riferisce a quanto accaduto in passato, in costanza di matrimonio, ovvero all'apporto fornito dall'ex al ménage quotidiano, e alle occasioni lavorative a cui questi ha rinunciato per le esigenze della famiglia.

La liquidazione dell'assegno nella sola componente compensativa tiene inoltre conto del nuovo contesto sociale di riferimento e non esclude la conservazione di pregresse posizioni economiche se esito di consapevoli e autonome scelte della persona.

Circa le modalità di liquidazione dell'assegno quindi, gli Ermellini ritengono che lo stesso debba esser versato per un periodo circoscritto nel tempo attraverso la costituzione di una rendita, un capitale rateizzabile o in unica soluzione magari previo accordo delle parti.