Risveglio tragico oggi, 26 gennaio, a Licata: il 48enne Angelo Tardino ha commesso una strage familiare. Ha ucciso il fratello, la cognata, i due nipoti, e poi si è ucciso. L'avrebbe fatto esclusivamente per interessi economici e per la proprietà di terreni.

Licata, la strage e poi la telefonata alla moglie

Stamattina il 48enne è andato molto presto in contrada Safarello, nelle campagne di Licata dove si trovano la casa di campagna del fratello, terreni e serre lasciati in eredità dal loro padre, coltivati a carciofi, pomodori e zucchine. Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, fatta in base alle testimonianze di alcuni vicini, all'inizio c'è stata una lite tra fratelli: si sono sentite di buon'ora urla nell'abitazione di via Riesi.

Ma la lite è presto degenerata e alle urla sono seguiti gli spari. Il 48enne ha estratto un'arma da fuoco e ha sparato prima al fratello Diego, possidente agricolo 45enne, uccidendolo. Poi, entrato in casa, ha sparato senza pietà alla cognata, Alessandra Ballacchino, e ai due figli, i suoi nipoti, la più grande, Angela, 15enne, e il maschietto 11enne, Vincenzo. Madre e figli sono rimasti a terra. A quel punto, l'uomo è salito sulla sua auto ed è fuggito per poi fermarsi a circa due chilometri di distanza dal luogo della strage sotto un cavalcavia.

Prima alla moglie che aveva lanciato l'allarme, dopo che il marito le avrebbe detto 'vado a uccidermi', poi ai carabinieri, Tardino avrebbe ripetuto più volte: 'Sono un assassino'.

Da quanto finora emerso, tra fratelli c'era un'antica ruggine per la proprietà dei terreni ereditati. Oggi, a discutere con il fratello, il 48enne era arrivato munito di una Beretta calibro 9, detenuta legalmente.

Licata, trattativa fallita con i carabinieri

Al pesantissimo bilancio della strage, si è aggiunto un finale non meno terribile.

Il 48enne ha portato avanti una sorta di trattativa con i carabinieri ai quali aveva annunciato di volersi suicidare. I militari hanno cercato di farlo desistere dai suoi intenti. Ricordargli che anche lui aveva una famiglia e che sparandosi avrebbe aggiunto dolore a dolore non è servito. Proprio durante la telefonata, quando sembrava incline ad arrendersi e consegnarsi, i militari hanno sentito uno sparo e hanno capito che Tardino ha tentato di uccidersi.

L'uomo si è sparato alla tempia all'interno della propria auto usando un'altra arma, anch'essa legalmente detenuta.

Appena giunti sul posto, i carabinieri avevano pensato fosse morto, ma i sanitari dell'ambulanza si sono accorti che respirava ancora. Trasferito in elisoccorso all'Ospedale Sant'Elia di Caltanissetta, è stato intubato: le sue condizioni sono parse fin da subito gravissime. "Il paziente è in fin di vita e non operabile. Le lesioni riportate sono gravissime e incompatibili con la vita", ha detto il primario del reparto di rianimazione dell'ospedale, Giancarlo Foresta. In coma irreversibile, dopo alcune ore è stata dichiarata la morte cerebrale.

Con il medico legale, è arrivato su posto anche il sostituto procuratore di Agrigento, Paola Metro, che ha tenuto aggiornato il procuratore capo Luigi Patronaggio.

Le salme delle quattro vittime sono state poste sotto sequestro in attesa dell'autopsia. I carabinieri della compagnia di Licata, insieme alla sezione rilievi del nucleo investigativo della compagnia di Agrigento, hanno svolto tutti gli accertamenti sul luogo della strage e del suicidio.

Le indagini, strage premeditata

Chissà da quanto tempo Tardino aveva deciso di risolvere il contenzioso familiare in un modo drastico e criminale: se lo chiedono e cercheranno di accertarlo gli investigatori, convinti che la strage sia stata premeditata. Lo dimostrerebbe il fatto che il 48enne stamattina fosse uscito di casa non con una ma con tre armi, tutte legalmente detenute.

Le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore di Agrigento, Paola Metro, e dal procuratore capo Luigi Patronaggio.

In caserma i militari hanno ascoltato un altro fratello, la moglie dell'omicida e anche il padre della donna uccisa per ricostruire il movente della strage. Sarebbe confermato il contenzioso economico. Il sindaco di Licata, Pino Galanti, ha proclamato per domani il lutto cittadino. "Siamo sconvolti. Non ci saremmo mai aspettati questa tragedia. Perché Diego ha aperto la porta a quell'assassino? Maledetto assassino", ha detto una cugina di Alessandra Ballacchino. La cugina ha riferito che tra i due fratelli c'erano frizioni da parecchio tempo. Prima i due abitavano nello stesso palazzo, ma non facevano che litigare per la divisione di alcune proprietà agricole. Alla fine Alessandra e il marito Diego avevano deciso di andare a vivere in campagna, "pur di non avere nulla a che fare con quel pazzo". Ma non hanno avuto scampo lo stesso.