La mamma vittima e il figlio assassino, faccia a faccia per qualche istante. Si sono incontrati ieri, 16 marzo, per la prima volta dopo quasi un anno, in un'aula del Tribunale di Bologna nell'udienza del processo dove la mamma, Monica Marchioni, è teste e parte civile. Suo figlio, Alessandro Leon Asoli, il giovane di Casalecchio sul Reno di appena 20 anni, è imputato per omicidio volontario aggravato e tentato omicidio. Nell'aprile dell'anno scorso, nell'abitazione familiare a Ceretolo di Caselecchio del Reno in cui conviveva con la mamma e il compagno di lei, Loreno Grimandi Asoli, preparò un piatto di pasta al veleno provocando la morte di Grimandi.

Delitto di Casalecchio, cavie per testare il veleno

"Non ho mai provato odio, non ho mai provato rancore, ho provato un distacco fortissimo", lo ha raccontato Monica intervistata da La vita in diretta condotta da Alberto Matano. Dalla tragica cena del 15 aprile 2021, non aveva mai più visto il figlio fino a ieri. Nel suo piano criminale che sarebbe stato pianificato da tempo e nei dettagli, il ragazzo avrebbe usato madre e patrigno come cavie per verificare gli effetti di un veleno, in quanto tempo e con quali modalità avrebbero provocato la morte, perché poi lo avrebbe voluto usare su di sé per suicidarsi. In cura presso uno psichiatra aveva già tentato il suicidio, ma più forte era stata la paura di soffrire.

Quella sera il figlio insistette a voler preparare la cena per tutti: pennette al salmone. Ignari la mamma e il compagno che nei loro piatti fossero stati aggiunti alcuni grammi di nitrato di sodio. Il patrigno morì quasi subito, non la mamma che mangiò solo qualche forchettata di pasta: a quel punto il figlio tentò di soffocarla.

Monica si salvò grazie all'intervento tempestivo di vicini, forze dell'ordine e soccorsi. Oggi questa mamma sopravvissuta avrebbe voluto chiedere al figlio: "Come hai potuto guardare in faccia una persona che stava morendo, venire in camera e tentare di uccidere anche me".

La mamma: 'Ho avuto l'istinto di abbracciarlo'

In tutto questo tempo, Monica non è mai andata a trovare Alessandro in carcere, non lo ha mai più chiamato figlio ma 'ragazzo'.

Lui non ha mai chiesto scusa, né mostrato pentimento. Avrebbe dovuto vederlo il 7 marzo nel corso dell'udienza in cui era chiamata a deporre come teste, ma in quell'occasione non ce l'ha fatta. Ieri, è stata più forte e, accompagnata in aula da uno psicologo che la segue in un percorso difficile, ha deposto per molte ore e ricostruito lo scatenarsi del male assoluto: "Sembrava un film dell’orrore - ha detto al pm - Lui mi diceva delle cose che una madre non dovrebbe sentire: 'Perché non muori? Tanto il veleno tra un po’ ti farà effetto". Ha ricostruito anche che, malgrado il sapore di ammoniaca, il patrigno mangiò tutta la pasta nel piatto per non scontentare il ragazzo che aveva detto di essere un fallito.

L'imputato finora si è sempre difeso dicendo che avrebbe preparato la cena con la mamma.

Per qualche istante i loro sguardi nell'aula si sono incontrati: "L'ho visto quando entrava e l'ho visto quando usciva. È stato devastante". A metà udienza, il ragazzo ha abbandonato l'aula dopo aver comunicato al suo avvocato, Fulvio Toschi, di non sentirsi bene: aveva appena saputo della morte a settembre del nonno materno."Ha creato un inferno, ha rovinato tante famiglie. Sono divisa tra la vittima e la mamma, purtroppo ho avuto anche l'istinto sul momento di abbracciarlo e mi ha fatto male perché è tutta una diatriba interiore terribile ma non posso dimenticare quello che ha fatto".

"Quando si sono incrociati gli sguardi, mi ha guardato un attimo ma poi ha tolto lo sguardo ed è scappato via.

In quel momento, quasi mi vergogno a dirlo, ma ho visto il mio bambino, purtroppo, ed è brutto perché non era il mio bambino, perché ha fatto una cosa terribile, è come un film horror e se siamo qua è per colpa sua". Io sono stata devastata da questa cosa e mio marito è morto, quindi tutto il pentimento che lui può dimostrare non cambierà le cose, è vero che se vedessimo un minimo di pentimento in lui lo vedremmo più umano perché io fino adesso umanità non ne ho vista", ha raccontato nell'intervista.

Cena avvelenata, 'follia lucidissima'

Nell’ordinanza di convalida del fermo, il il gip Gianluca Petragnani Gelosi sottolineò di Alessandro Leon Asoli che "la follia suicida che lo animava si è trasformata in follia omicida finalizzata a sperimentare l’effetto dei veleni appena acquistati".

Emerse che li aveva comprati in Rete utilizzando con la carta di credito della madre. Una follia lucidissima per il gip e un dolore che "non pare sincero" e che sarebbe scaturito dal "non essere riuscito nel proprio intento, l'essere stato arrestato, l'aver perso la libertà così giovane".