É trascorso un anno dalla scomparsa della ginecologa 32enne Sara Pedri. Il 4 marzo del 2021 sparì da Cles, in provincia di Trento, dove era arrivata per lavorare. Sarebbe stata vittima di pesanti vessazioni e mobbing nel reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento da cui si dimise il giorno prima di sparire.

Ieri, 6 marzo, in sua memoria, a Forlì, città natale, la famiglia l'ha ricordata con un'iniziativa particolare. Per la mamma e la sorella con cui Sara si era più volte sfogata per il clima nel reparto dove avrebbe subito frequenti umiliazioni e punizioni, si teme un suicidio: il suo corpo non è mai stato trovato.

Sara Pedri, un posto per ricordarla

"Ora Sara è libera, leggera, luminosa per sempre": parole contenute in una targa commemorativa che ricorda la giovane ginecologa scomparsa un anno fa. La targa si trova in uno spazio del parco urbano Franco Agosto di Forlì, inaugurato ieri alla presenza di una cinquantina di persone. In prima fila, c'erano i familiari di Sara promotori dell'iniziativa che hanno piantato un acero: in autunno si riempirà di foglie rosse come i capelli della dottoressa. Alla cerimonia inaugurale hanno partecipato oltre ad amici e parenti, rapresentanti istituzionali, a cominciare dal sindaco, Gian Luca Zatttini. Presente anche Nicodemo Gentile, presidente dell'associazione Penelope e legale della famiglia Pedri.

L'iniziativa è stata preceduta, nel giorno dell'anniversario della scomparsa, il 4 marzo, da una messa nella Chiesa di Villanova di Forlì.

"Ora chiunque voglia ricordare Sara e sentirsi più vicino a lei potrà venire qui", ha detto Emanuela, la sorella. Mirella, la mamma, ha letto una lettera in cui ha scritto: "Voglio dire che Sara è vita perché è un albero e poi un seme e poi un albero.

Sara è la vostra vita, la nostra vita, la mia vita". Emanuela ha aggiunto che finalmente ora c'è un posto in cui poterla piangere in assenza del corpo.

Nel frattempo, a Cles, alcune colleghe hanno deposto un mazzo di rose sul ponte di Mostizzolo. Poco lontano da lì, un anno fa, venne ritrovata parcheggiata la sua auto. In quel luogo proseguono le ricerche del corpo.

Sara Pedri, clima di lavoro intimidatorio

L'avvocato Gentile durante l'evento ha voluto ricordare quale sarebbe stata l'atmosfera nel reparto in cui Sara lavorava. Alcuni medici, già prima di lei, avrebbero parlato di un "clima di terrore" e di un "uso dispotico" della funzione riferita al primario, "Sembrava che il vocabolario fosse quello purtroppo attuale, molto crudele della guerra, ma in realtà si parlava di lavoro", ha detto Gentile.

Professionisti avrebbero riferito di colloqui nella stanza del primario quasi da inquisizione. Un'amica di infanzia di Sara, presente alla celebrazione, ha ricordato, invece, che prima che l'ambiente di lavoro la incupisse rendendola insicura, era una ragazza vulcanica, esuberante, e al tempo stesso molto responsabile.

In attesa del processo all'ex primario

La famiglia di Sara che dalla sua scomparsa si batte per la verità, attende l'inizio del processo contro l’ex primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale Santa Chiara, Saverio Tateo, e la sua assistente, Liliana Mereu. Ci saranno 21 parti lese tra cui Sara e 9 testimoni, tra medici e ostetrici. Tateo è stato licenziato dopo che una commissione d’inchiesta dell’azienda sanitaria aveva ascoltato le testimonianze di 110 tra medici, infermieri e operatori sanitari che avevano prestato servizio o che sono ancora attivi nell’unità operativa di Ginecologia.

Lo scorso ottobre, dopo un’indagine dei carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità, la Procura aveva iscritto Tateo e la sua vice Liliana Mereu nel registro degli indagati per presunti maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione e disciplina.

In una recente intervista, l'ex primario ha rigettato ogni accusa. “La dottoressa Pedri ha ricevuto da me tutti i riguardi che sono dovuti a una giovane professionista che, lasciato pochi giorni prima l'ambiente comunque protettivo dell'università, si è trovata a dover fronteggiare i ritmi e le esigenze della corsia e della sala operatoria”, ha dichiarato sostenendo di non essere l'orco descritto ma solo un professionista severo: "Amo il rigore perché nell'ospedale è fondamentale”.

"A prescindere da come finirà il processo, non ci saranno vinti o vincitori. Deve invece uscire un messaggio: l'unione fa la forza, non ci dobbiamo fare trattare così da nessuno. La parola mobbing deve essere considerata come un'arma che fa diventare le persone malate. Cos'è successo a Sara? Perché non si è fatto niente? Perché ci si è girati dall'altra parte? La risposta ancora non c'è. E noi la vogliamo", il punto di vista della sorella Emanuela.