Una lettera anonima ha permesso di riaprire un “cold case” rimasto irrisolto per 11 anni: Giovanni Marco Chisari è stato seviziato e ucciso nel 2012. Tuttavia dopo il ritrovamento del suo corpo il 12 marzo 2012 nelle campagne intorno a Villaretto di Borgaro, nell’hinterland di Torino, le indagini si sono concluse in un nulla da fatto, perché nessun elemento ha mai permesso di identificare i responsabili del delitto. Ora, grazie alle indicazioni fornite nella missiva anonima, si torna a parlare di questa vicenda di cronaca: infatti due persone sono state iscritte nel registro degli indagati.
Si tratterebbe di due fratelli, uno dei quali avrebbe materialmente ammazzato l’uomo, mentre l’altro avrebbe partecipato alla distruzione del corpo della vittima.
Le indagini del 2012 sull’assassinio di Giovanni Marco Chisari
Il ritrovamento dei resti di Giovanni Marco Chisari nel 2012 desta molto scalpore: infatti il 38enne non è stato solamente ucciso, ma anche torturato. Inoltre il corpo dell’uomo, un disoccupato noto alla giustizia per alcuni precedenti legati alla droga, è stato dato alle fiamme, forse per occultare eventuali tracce dell’assassino. In particolare, gli hanno conficcato un chiodo in fronte, utilizzando forse un asse di legno; in più, quando era ancora in vita, gli sono state legate le mani con del filo di ferro.
Successivamente è stato infilato in un sacco di nylon, bruciato dal killer. Gli autori del delitto hanno quindi gettato questo sacco in un fossato, nei pressi di una cascina. Gli inquirenti pensano subito di trovarsi di fronte a un’esecuzione, un vero e proprio regolamento di conti, date le modalità così cruente dell’omicidio.
Si indaga sui problemi di tossicodipendenza della vittima, ma a parte qualche furto non si trovano episodi rilevanti, tanto che l’inchiesta non porta a nulla di concreto.
Una lettera anonima riapre il caso Chisari
Tuttavia l’arrivo di una lettera anonima permette al pm Dionigi Tibone di riaprire il caso del delitto di Giovanni Marco Chisari.
Nella missiva si fa riferimento a un furto compiuto agli inizi di marzo, nell’anno del delitto. Si tratta del colpo nella villa di uno dei due fratelli, legati alla criminalità organizzata, che avrebbero torturato e ucciso il 38enne per vendetta. Nella lettera si spiega anche che Chisari non sarebbe il vero autore del furto, ma sarebbe stato contattato dai ladri reali e pagato per accollarsi la responsabilità del colpo. Quindi l’uomo sarebbe stato incastrato da qualcuno che si è reso conto dei rischio che stava correndo per aver svaligiato l’abitazione di quella famiglia, che intratteneva stretti rapporti con la malavita. Tutti questi elementi contenuti nella missiva dovranno essere verificati dalle nuove indagini dei carabinieri.
I primi interrogatori degli indagati per il delitto Chisari
Secondo quanto riportato da diversi media, il fratello, indagato come esecutore materiale, sarebbe già stato interrogato negli scorsi giorni: davanti al pm, che lo avrebbe sentito per un’ora e mezza, l’uomo si sarebbe difeso, spiegando di non aver mai avuto alcun tipo di rapporto con la vittima, se non qualche incontro casuale in zona.