I familiari di Liliana Resinovich, ex dipendente della Regione Friuli 63enne, non credono alla tesi del suicidio e si stanno battendo per fare in modo che il caso di Cronaca Nera non venga chiuso.

Il marito della donna, Sebastiano Visentin, il fratello Sergio Resinovich e la nipote Veronica Resinovich, non ritenendo plausibile la ricostruzione effettuata dalla procura di Trieste, hanno dunque deciso di opporsi, con tre diverse istanze, alla richiesta di archiviazione. Il prossimo 5 giugno il Giudice per le indagini preliminari deciderà se proseguire con le indagini.

I familiari di Liliana Resinovich si oppongono alla chiusura delle indagini

Liliana Resinovich è scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021. Poche settimane più tardi, il 5 gennaio 2022, il suo corpo senza vita è stato ritrovato a poche centinaia di metri dalla sua abitazione, nei pressi dell'ex ospedale psichiatrico San Giovanni.

La procura di Trieste - che formalmente ha continuato a indagare per il reato di sequestro di persona - lo scorso 20 febbraio ha avanzato richiesta d'archiviazione in quanto, stando alla consulenza dei periti, la 63enne si sarebbe tolta la vita.

I familiari di Liliana Resinovich, però, non credono al suicidio. Così, il marito Sebastiano, assistito dall'avvocato Paolo Bevilacqua, il fratello Sergio, rappresentato dall'avvocato Nicodemo Gentile dell'Associazione Penelope e la nipote Veronica, seguita dall'avvocato Federica Obizzi, hanno presentato tre distinte istanze di opposizione alla chiusura delle indagini.

Come precisato da Fanpage.it, il marito di Lilli ha preparato con i suoi consulenti un atto di otto pagine, Veronica, invece, ha inviato una relazione di 29 pagine, mentre l'opposizione di Sergio è la più corposa ed è composta da 137 pagine.

Il comportamento dell'ex dipendente della Regione, secondo chi la conosceva bene, striderebbe con il gesto estremo.

Tant'è che la donna aveva ricercato informazioni online per divorziare, ma mai aveva digitato sui motori di ricerca la parola "suicidio". Anche per questo, si sarebbero dovuto tenere in maggior considerazione la pista del malore e dell'omicidio.

La procura di Trieste ritiene che Liliana Resinovich si sia tolta la vita

L'autopsia sul corpo di Liliana Resinovich è stata eseguita dal medico legale Fulvio Costantinides e del radiologo Fabio Cavalli.

Secondo i periti della procura di Trieste, la donna non è stata uccisa, ma si è tolta la vita ed è deceduta per soffocamento all'inizio del mese di gennaio 2022 (probabilmente 48/72 ore prima del ritrovamento).

La data di morte, però, per tutte le parti offese rappresenta ad oggi uno dei tanti punti da chiarire. Il dottor Raffaele Barisani, consulente di Visentin, ritiene probabile che Liliana sia morta subito dopo la sua scomparsa. Anche per il dottor Vittorio Fineschi, nominato da Sergio Resinovich, non vi sono elementi oggettivi per datare la morte della 63enne a 48/72 ore prima del rinvenimento. Inoltre, il professore di Medicina Legale ha anche sottolineato che sarebbe stato importante eseguire subito l'autopsia, senza attendere cinque giorni.

I periti dei parenti di Liliana hanno anche evidenziato tutta una serie di interrogativi che striderebbero con la tesi del suicidio. Ci si domanda come mai la 63enne avrebbe atteso quasi 20 giorni? Dove e con chi è stata in questo lasso di tempo? Come è possibile poi che, indossasse gli stessi abiti che aveva la mattina del 14 dicembre, che avesse nello stomaco la colazione di quel giorno e che avesse le ascelle depilate? Tutte domande attualmente senza risposta.