La Prima Repubblica perde uno degli suoi ultimi rappresentanti: nella serata di giovedì 6 luglio Arnaldo Forlani è morto a 97 anni, nella sua abitazione di Roma. Nato a Pesaro l’8 dicembre 1925, è stato uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana, ricoprendo diverse volte incarichi di prestigio, sia al vertice del partito, sia come membro del governo per un lungo periodo di tempo, fino ai grandi cambiamenti intervenuti nella politica italiana a partire dalla prima metà degli anni ’90, quando, in seguito alle inchieste di Tangentopoli, ci fu un forte ricambio al vertice delle istituzioni italiane.

La lunga carriera politica di Arnaldo Forlani

Forlani è stato per molto tempo tra i principali sodali di Amintore Fanfani nella corrente della Dc “Nuove Cronache”, salvo abbandonarla agli inizi degli anni ’80 per fondare qualche anno più tardi insieme con Vincenzo Scotti e Antonio Gava la corrente di “Azione Popolare”, meglio conosciuta come Grande Centro. Nel corso degli anni è stato presidente e vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri, della Difesa e delle Partecipazioni statali. Per ben due volte è stato segretario della Democrazia Cristiana, dal 1969 al 1973 e dal 1989 al 1992, formando in questi anni un’alleanza di potere con Bettino Craxi e Giulio Andreotti, chiamata con l’acronimo Caf (Craxi-Andreotti-Forlani).

Soprannominato Coniglio Mannaro dallo scrittore Gianfranco Piazzesi, è stato a lungo presidente del Consiglio nazionale della Dc. Infine è stato, insieme ad Andreotti, tra i candidati alla presidenza della Repubblica nel 1992, ma dopo numerose votazioni dovette cedere il passo ad Oscar Luigi Scalfaro.

L’esperienza di Arnaldo Forlani come presidente del Consiglio

Inoltre Forlani è ricordato per essere stato nel 1980 tra gli artefici della vittoria al congresso Dc di una maggioranza moderata che portò all’elezione di Flaminio Piccoli come segretario del partito, ponendo fine agli accordi di collaborazione Politica con il Partito Comunista, per rilanciare il vecchio centro-sinistra che si basava sull’alleanza con il Partito Socialista di Bettino Craxi.

In questo quadro Forlani è stato presidente del consiglio dal 18 ottobre 1980 al marzo 1981. Durante questo breve periodo la coalizione formata da Dc, Psi, Partito Repubblicano e Partito Socialdemocratico affrontò diverse difficoltà, dal terrorismo, all’attentato a Papa Giovanni Paolo II, dalla sconfitta al referendum che voleva abrogare la legge sull’aborto fino allo scandalo della loggia eversiva P2, che portò alle dimissioni dell’esecutivo.

Il ritorno di Forlani come segretario della Dc, il Caf e la fine della Prima Repubblica

Nel 1989 Forlani diventò di nuovo segretario della Dc, mentre il suo predecessore Ciriaco De Mita mantenne la guida del governo, caratterizzato dalla difficoltà dei rapporti con il Psi di Bettino Craxi.

Quando a Palermo il sindaco democristiano Leoluca Orlando preferì governare la città con il Pci e non con i socialisti aumentarono le difficoltà per l’esecutivo, fino alla caduta il 19 maggio 1989, dovuta al ritiro dell’appoggio di Craxi. In quelle settimane Forlani si trovò a gestire una difficile crisi che si risolse con il sesto governo Andreotti, ancora supportato dal pentapartito. Fu allora che si iniziò a parlare di Caf, indicando l’asse che si era formato tra Craxi, Andreotti e Forlani. Tuttavia il quadro politico cambiò radicalmente nel 1992, anche in seguito alle inchieste della Procura di Milano, conosciute come Tangentopoli, che colpirono duramente prima il Psi e poi la Dc. Questi sconvolgimenti portarono alla rapida fine della carriera politica di Forlani che, dopo non essere stato eletto presidente della Repubblica, si dimise da segretario nell’ottobre del 1992 e non si ripresentò – dopo nove legislature e una permanenza in Parlamento che durava dal 1958 – alle elezioni politiche del 1994.

In quegli anni fu condannato per finanziamento illecito ai partiti nel processo Enimont e scontò la pena di due anni e quattro mesi ai servizi sociali presso la Caritas. Tuttavia alcuni suoi giovani pupilli, come Marco Follini e Pier Ferdinando Casini, hanno ricoperto un ruolo importante nella cosiddetta Seconda Repubblica.