Esattamente un secolo fa, nel 1913, tra febbraio e marzo, ebbe luogo a New York la prima grande mostra internazionale volta a mettere a confronto l'Arte americana di allora e le rispettive esperienze europee. Se la prima risultava, al tempo, concentrata soprattutto sul realismo, le seconde erano invece permeate dalle cosiddette avanguardie. Gli Impressionisti prima e i Fauves, i Futuristi e i Cubisti poi, avevano conferito all'arte europea un gusto nuovo e sperimentale, lontano dall'esperienza accademica. Fino a quel momento, però, solo pochi artisti americani avevano avuto l'opportunità di vederne in prima persona i risultati.

I più fortunati erano entrati in contatto con le avanguardie del vecchio continente grazie a soggiorni mirati nelle maggiori città europee, ferventi e rutilanti. Altri avevano avuto l'occasione di vedere sparuti pezzi (soprattutto disegni) esposti a New York in qualche galleria specializzata nel settore, come quella del fotografo Stieglitz: un primo piccolo ponte gettato tra Europa e USA.

Grazie a questi spunti seminati pian piano, arrivò infine l'idea della grande mostra, organizzata dall' AAPS (Association of American Painters and Sculptors). Nel 1912 i curatori fecero quella che fu definita un' "orgia di opere d'arte" attraverso l'Europa, dove conobbero meglio artisti e tendenze. Il risultato fu la raccolta di circa 1300 opere, tra realizzazioni americane ed europee, da esporre in una caserma del 69° Reggimento Armory, poiché a New York non vi era altro luogo così capiente per ospitare una mostra. Da qui il nome con cui l'esposizione passò alla storia: The Armory Show.

Da questo confronto l'arte americana uscì nettamente svergognata, rendendo tangibile quella serpeggiante sensazione di "ritardo culturale" degli USA rispetto al vecchio continente, così che l'esposizione venne demonizzata da una parte dell'opinione pubblica e della stampa americana.

Dal canto suo, però, questa spanciata di Van Gogh, Matisse, Rodin, e ancora Cézanne, Braque, Kandinsky e Duchamp ebbe un enorme successo di pubblico e fece da spartiacque nello sviluppo della successiva arte americana. Duchamp soprattutto: il suo "Nudo che scende le scale" era stato bistrattato solo l'anno prima a Parigi poiché "troppo futurista", ma una volta esposto all'Armory Show fece in modo che l'artista, quando approdò a New York, fosse proverbialmente preceduto dalla sua fama. 

Come lui, molti altri artisti europei si trasferirono negli USA di lì a pochi anni, quando la prima guerra mondiale sostituì la vivacità dei caffè degli artisti e dei salotti culturali con l'odore di iprite e di trincea. Gli USA, che non vissero la guerra sul loro territorio, ebbero la possibilità di continuare il proprio sviluppo industriale, a sua volta elemento di fascino per gli europei. Parallelamente, proprio grazie ai ricchi industriali dediti alla filantropia, prosperarono anche il mercato d'arte e la produzione artistica, inevitabilmente contagiati dall'impatto dell'Armory Show.

Dopo il 1913 i sostenitori americani del realismo - nonché detrattori dell'arte europea - decisero di spostarsi dalle grandi città per cercare nuovi spunti in luoghi più sperduti, dando così nuova linfa al proprio stile per renderlo meno scontato. Coloro che rimasero colpiti positivamente dalle avanguardie europee, invece, si impegnarono a gettare le basi del successivo modernismo americano, che, negli anni, fece raggiungere agli USA una posizione di rilievo nel panorama artistico mondiale.