Il 2 giugno 2013 ricorre il 131° anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, nato il 4 luglio 1807 a Nizza da una famiglia della provincia di Genova.

Ben presto abbracciò gli ideali mazziniani e s'iscrisse alla Giovine Italia. Partecipò alla fallita insurrezione di Genova e fu costretto alla fuga dall'Italia. Giunse dapprima in Brasile e nel 1836 si pose al servizio della Repubblica del Rio grande. Nel 1839 a Laguna incontrò l'amore della vita, Anita, che sposò nel 1842.

Nel 1841 raggiunse i compatrioti rifugiati a Montevideo, dove rimase sei anni.

Nel 1843 partecipò alla sua difesa contro le truppe argentine assedianti. Formò la prima legione combattente italiana; vestì gli arruolati con la camicia rossa e li condusse alla vittoria diventando l'eroe del nuovo mondo.

Nel 1848, vinto dalla nostalgia per la madre Patria, salpò per raggiungere l'Italia sempre più scossa dai motti rivoluzionari (5 giornate di Milano, Venezia, Palermo, Costituzione in Piemonte e Toscana). Nel 1849 tentò di difendere la neonata Repubblica romana, senza successo, battuto dai Francesi, giunti in soccorso del Papa, fu costretto alla fuga e a separarsi per sempre da Anita morta a seguito di una grave malattia; fuggì negli Stati Uniti.

In Italia tutti i fuochi rivoluzionari vennero spenti, i sovrani deposti rimessi sul trono, le varie costituzioni annullate.

Tornato in Italia, accantonò le idee repubblicane, incontrò il primo ministro sabaudo Cavour e strinse un'alleanza con il Regno di Sardegna.

Nel 1859 la seconda guerra d'indipendenza vide Garibaldi contribuire ai successi sabaudo-francesi. Il piccolo regno piemontese vincitore, con suo vivo rammarico, cedette Nizza alla Francia, poté però annettersi la Lombardia e alcune regioni indipendenti: Toscana, Romagna, Modena, Parma, Marche e Umbria.

Nel 1860 organizzò la Spedizione dei "Mille" con l'intento di sbarcare in Sicilia per liberarla dai Borboni e risalire quindi la penisola sino a conquistare Roma. Il 5 maggio i Garibaldini salparono da Quarto (GE) con destinazione Marsala, entusiasmati anche dall'inno di Mameli, colonna sonora dei combattenti garibaldini.

L'avanzata sostenuta con entusiasmo dalla popolazione siciliana fu perentoria ed inarrestabile. Garibaldi, il liberatore, venne osannato ovunque. I Borbonici furono sconfitti e l'eroe del popolo sbarcò in Calabria dove con la sua legione (passata da 1.000 a 30.000 uomini) ottenne altre vittorie che costrinsero "Franceschiello" a fuggire. Intanto Re Vittorio Emanuele, sempre più contrariato, mosse l'esercito contro al trionfante Garibaldi, inviso ai monarchi europei; s'incontrarono a Teano e Garibaldi lo salutò come re d'Italia consegnandogli il regno conquistato.

Il re ringraziò ma gli impedì ulteriori avanzate. L'eroe amareggiato rifiutò i compensi piemontesi, pose fine all'impresa dei "Mille" e diventò agricoltore nella sua Caprera.

Nel 1862 tornò in Sicilia, organizzò un esercito di volontari e mosse verso Roma. I Piemontesi infuriati gli mandarono contro l'esercito e sull'Aspromonte in Calabria avvenne lo scontro fratricida. Il "Generale" venne ferito ad una gamba e costretto a tornare a Caprera. Nel 1867 riprovò a liberare Roma ma, sconfitto a Mentana fu costretto alla ritirata.

Ironia della sorte, nel 1870, furono i Bersaglieri, attraverso la breccia di Porta Pia, ad entrare a Roma.

Garibaldi, tornato a Caprera, lontano dalla detestata politica, dalle ricchezze, dagli "intrighi di palazzo", morì serenamente il 2 giugno 1882.