Su Modigliani si sa quasi tutto, molto meno sui suoi due amici più cari Soutine e Utrillo. Visitare questa mostra, attraverso le guide foniche, è un po' come andare indietro di un secolo e ritornare alla Parigi dei primi anni del 900 e a quelle figure umane che hanno fatto la bohemien parigina. Nei tempi di oggi, con le menti bersagliate dalla crisi, dalla mancanza di lavoro, dalla necessità di un garantismo a 360° che incomincia a vacillare, con il pensiero sempre irrimediabilmente portato su questioni materiali, è addirittura inconcepibile pensare alla vita fatta da questi artisti, che pure divorati dall'alcol, sono riusciti a realizzare tele di grande fascino.
Le 122 tele in mostra a Palazzo Reale sono un'occasione unica per il pubblico italiano perché è da circa settant'anni che esse, appartenenti alla collezione Netter, non uscivano dal luogo deputato. Visitarla significa conoscere non solo le opere di Modigliani, Utrillo, Soutine, Kisling, Valadon, Antcher e Derain ma capire la lungimiranza e il gusto di quel collezionista oscuro e modesto che è stato Netter, e il coraggio di credere in un'Arte da tutti disprezzata a quel tempo perché lontana sia dai moduli delll'impressionismo che da quelli del naturalismo accademico.
La ricerca di nuove forme espressive, influenzate dalla Jugendstile dalla cultura figuratica secessionista, sia nella figura umana che nel paesaggio è stato lo stimolo maggiore di questi artisti e la loro ragione di vita.
Ma la novità della forma, vedasi la particolarità dei ritratti di Modigliani, è solo un mezzo per entrare nell'anima delle persone rappresentate. C'è uno scritto che illumina circa gli intenti pittorici di Modigliani. L'artista dichiara "Non cerco il reale e neanche l'irreale, ma l'inconscio, il mistero dell'instintività della razza umana".
Dunque a muovere la mano dell'artista sono quelle forze sottili che si colgono negli sguardi delle sue donne, nel ritratto della moglie, Jeane Hebuterne, (dipinto del 1918), in quel ritratto famosissimo della bambina col grembiulino dell'asilo, anch'essa persa nel mistero del mondo e nella domanda di senso della vita. Creature enigmatiche e fuori dal tempo, figure sottili, con quei colli allungati quasi per capire e scandagliare l'esistenza, di un'aristocraticità tutta spirituale.
Curioso l'aneddoto legato alla conoscenza che Netter, il collezionista, fa di Utrillo. Era ebreo alsaziano, ed aveva bisogno ogni anno di rinnovare il permesso di soggiorno. Leon Zamaron, il prefetto, dietro la scrivania ha un quadro di Utrillo, Netter lo vede, gli piace e glielo compra. Utrillo, figlio di Valadon,pittrice anch'essa e presente alla mostra, era un giovane affetto da alcolismo, entrava e usciva dalla galera, per risse e comportamento violento. Per uscire dall'alcolismo il medico gli consiglia di dipingere, e lui a 14 anni scopre di realizzare vedute interessanti. Queste vedute di una Parigi che per certi versi non c'è più, di vicoli, chiese, palazzi dei primi del 900 si possono ammirare alla mostra.
Ma l'elemento più stimolante che la collezione rivela è la figura del collezionista Netter. Egli stesso dichiara: "Se avessi seguito la mia ispirazione avrei acquistato tutti gli Utrillo e tutti gli Antcher , i Modigliani che mi capitavano sotto gli occhi. Ma mi si prendeva in giro. Che idea quella di collezionare solo due pittori. Un vero collezionista deve essere eclettico". E' grazie a questo spirito e al lavoro del curatore Marc Rastellini, che tutto questo può essere ammirato a Milano sino all'8 settembre 2013.