Quando nel 2004 Denise Epstein lesse dopo sessant'anni quelli che credeva i diari di sua madre, custoditi sacralmente e mai sfiorati, fu sopraffatta dalla sorpresa e dalla meraviglia: quelle carte fitte di una calligrafia minuta non contenevano note e cronache, racconti di vita intima o resoconti quotidiani, ma i primi due capitoli di un grande affresco romanzesco, l'epica di un paese, la Francia, sottoposto all'occupazione nazista. La madre di Denise Epstein si chiamava Irène Némirovsky, era nata a Kiev da un ricchissimo ebreo russo ucraino e da Anna, una donna raffinata e fatua che non s'occupò mai di lei, ma solo di ambizioni mondane e della sfida vana al tempo che crepa il volto e infiacchisce lo sguardo.

Irène, dopo un'infanzia trascorsa da esule tra San Pietroburgo, la Svezia e la Finlandia, si radicò in Francia, dove visse, dedicandosi alla scrittura, perfettamente assimilata e dimentica delle sue origini ebraiche fino all'estrema ingiuria subita dalla storia con la tragica fine avvenuta, all'età di 39 anni, ad Auschwitz nell'agosto del 1942. Poco prima di essere intercettata e deportata, la Némirovsky aveva scritto, come in preda ad un accesso febbrile, 'Tempesta in giugno' e 'Dolce', le prime due parti di quella che aveva concepito come una "sinfonia in cinque movimenti": un imponente romanzo popolare sulle conseguenze sentimentali della guerra, il concerto di desideri e paure di un'umanità discreta che, malgrado angosce e privazioni, non smarrisce l'istinto di vivere. 

Da questa epopea mutilata dal nazismo, il regista Saul Dibb ('La Duchessa') ha tratto un film, da giovedì 12 marzo nelle sale italiane: la storia di Lucile Angellier (Michelle Williams), "una giovane donna bionda con gli occhi neri, di grande bellezza, ma silenziosa, riservata", sposa di guerra in attesa di notizie del marito al fronte, costretta a vivere con la suocera, matrigna arida e prepotente interpretata da Kristin Scott Thomas, nella casa di famiglia, in cui un giorno viene acquartierato un ufficiale tedesco, Bruno von Frank.

In lui Lucile non vede il nemico, ma un'umanità alta, in lui Lucile riconosce un'anima delicata, un'anima simile alla sua, di cui lei, ricambiata, s'innamora. Di una passione tanto più impetuosa quanto più domata, un ardore soffocato e sublimato nella rarefazione malinconica dell'occasione mancata, l'appuntamento insieme onorato e disertato con la felicità.