Finalmente il tanto atteso Suburra è arrivato nelle sale italiane, il 14 ottobre è andata in scena la prima ufficiale del film, le polemiche suscitate dalla foto di Favino e Amendola con un esponente degli Spada cedono il passo alle prime recensioni che tempestano il web ed ecco anche la nostra. Sollima si dimostra ancora una volta regista inappuntabile nel racconto della malavita nostrana con una serie di personaggi ben caratterizzati ed una trama estremamente coinvolgente.

Suburra di Sollima: recensione del film

Da un racconto di Carlo Bonini e Giancarlo de Cataldo, i quali hanno anche collaborato alla stesura della sceneggiatura, ancora una volta un affresco della parte marcia della nostra Italia.

Dopo i successi televisivi di Gomorra La Serie e Romanzo Criminale, Stefano Sollima continua il suo racconto sulla criminalità organizzata cresciuta e pasciuta all’interno di un sistema politico corrotto e avvilente. Lo sguardo disilluso del regista è al di sopra del bene e del male, i suoi personaggi sono ancora una volta moralmente riprovevoli, ma la grandezza dell’opera sta proprio in questa perenne lotta che il telespettatore compie per riuscire a non empatizzare le vicende che li travolgono. Un racconto corale che coinvolge sfere politiche ed ecclesiastiche con la più bassa e miserevole quotidianità dei criminali della capitale. Nonostante all’interno del film non venga fatto nessun nome esplicitamente, sono chiari i riferimenti ai personaggi che ne fanno parte, dalla mala romana controllata dal clan dei cosiddetti zingari in lotta con quella che invece ha appoggi con mafia e camorra, agli intrallazzi politici che rappresentano essenzialmente il vero fulcro della vicenda.

La nostra recensione di Suburra è decisamente positiva. Dopo una partenza a descriverci i personaggi, tutti estremamente distanti gli uni dagli altri, la trama si dipana in un vortice di situazioni che collega in maniera inquietante tutti i protagonisti in precedenza presentati. Un film davvero notevole al quale è difficile trovare punti deboli a caldo, merito prima di tutto di una sceneggiatura ben strutturata, ma anche di una direzione degli attori come sempre notevole.

Ottimo tutti, da Amendola nella sua interpretazione del boss misurato e razionale, a Germano, splendido nel rappresentare il vigliacco fuori luogo impaurito da tutto e tutti. Magistrali anche i volti meno noti, su tutti Alessandro Borghi nella parte di numero 8. Dal punto di vista prettamente filmico, un alto colpo riuscito per Sollima, probabilmente l’unico punto debole del film è la mancanza di una visione personale dei fatti narrati e di una sorta di via d’uscita da proporre alla condizione del nostro bel paese.

Crediamo però che l’intento del film sia narrare i fatti in maniera volutamente distaccata, nonché estremamente dura e realistica, e lasciare allo spettatore la capacità di cogliere i riferimenti inquietanti che vi sono implicitamente proposti, dalle dimissioni di Berlusconi che segnano l’apocalisse finale, ai dubbi di Ratzinger che porteranno al suo scendere dalla croce qualche anno dopo. Un film da vedere e rivedere per coglierne nuovi aspetti e apprezzare l’efficacia dello stile ancora una volta perfettamente in equilibrio con i canoni del Cinema impegnato e quello di puro intrattenimento.