Andare al Cinema a vedere un film di un regista di successo, mai scontato e comunque sempre pronto a preservare l'arte cinematografica invece di cadere nel mero commerciale, è ancora più emozionante se non si sa assolutamente niente della pellicola in questione. E' il caso di quando, a digiuno di trailer vari e pubblicità, sono stato convinto da un amico ad andare a vedere "l'ultimo film di Linklater". Senza aspettative di sorta, sono rimasto piacevolmente colpito da questo film, energico, vitale, divertente, confuso, dai colori sbiaditi tipici delle foto dei primi anni '80. Un film che, in 116 minuti, riesce a regalare uno spaccato completo, a 360 gradi, della vita e dei sentimenti di un giovane medio alle porte del college.
La storia è così avvolgente nella sua semplice e realistica ironia che, senza mai perde colpi o annoiare, riesce a coinvolgere mente e cuore fin da subito, quasi ipnotizzando il pubblico nella spirale di eventi concreti e assurdi allo stesso tempo. Raramente al cinema ho sentito un coro di "Nooooo" alzarsi alla fine primo tempo, per di più con i già citati 116 minuti passati in assorto silenzio.
I protagonisti sono ragazzi che si godono la vita del college a pieno, tra feste, scommesse varie e assurde, il sacro baseball, l'ancor più sacra arte del "rimorchiare", e vivono come se non esistesse alcun tipo di responsabilità o coscienza. Ma questo non impedisce al regista, che è anche scrittore e produttore del film, di mettere al momento giusto delle conversazioni dei giovani impegnati nelle loro speculazioni sulla vita o sull'amore grandi citazioni, frasi profonde, sentimenti complessi.
L'arte del racconto artistico di Linklater sta per me in questo: senza ampollosità, senza far emergere a caso frasi importanti in discorsi casuali, riesce a dare un messaggio profondo attraverso il realismo completo di una storia apparentemente folle e senza finale. Linklater lascia a noi il continuo della storia, l'immaginazione della vita che aspetta questi ragazzi scatenati, pieni di sogni e di scommesse.