Nella giornata del 14 ottobre la Festa del Cinema di Roma ha offerto la visione di "Manchester by the sea", pellicola di Kenneth Lonergan essenziale e profondacome una ballata di Bob Dylan.

Il paragone con il menestrello recentemente omaggiato dal Nobel alla Letteratura potrebbe a prima vista apparire azzardato, ma è da quell'Americacantata da Dylan negli anni '60 che forse bisogna partire per capire questo film, di un regista nato nel 1962e adesso pienamente maturo.

La trama

Latrama principaleè lo strato ultimo di diversetrame sovrapposte che hanno come personaggio di conduzione e unione Lee, interpretato daun Casey Affleck eccelso che riesce a svuotare l'anima e a riempire la recitazione di silenzi e reticenze.

La pellicola colpisce per la qualità delle inquadrature, per il montaggio, per il plot intricato, ma si supera nella intelaiatura dei dialoghi, essenziali come gli scambi di battute di Buzzati o i giudizi di Dostoevskij.

C'è infatti anche tanta letteratura bruciata oltre che tanta musica da strada dietro questo film, si sente negli odori che riesce a far percepire, nelle pause infinite di assoluto, di fine e di speranza.

"Un pasto nudo" quello che la vita offre a Lee, uomo ai margini che si scopre centrale per forza, perché tutti i personaggi del film gli devono qualcosa. Il fratello Joe, l'ex moglie Randi (che ha il volto e il talentodi Michelle Williams, la Jean Lindley di "Dawson's Creek") e soprattutto il nipote Patrick, personaggio che offrea Lee un'occasione per vivere ripartendo dall'accettazione di un passato che forse non supererà mai.

Il film non ha bisogno di essere metabolizzato, è una luce accesa nella vita, una lanterna posta sul buio delle miserie umane, sull'idea di morte, sulla disperata sopravvivenza e sul senso del dolore per le persone.

Un film umano cheinvita a restare umani sempre, per 135 minuti aiuta a svestire i panni delle ipocrisie quotidiane e apre lo spettatore a un'introspezione coraggiosa; la compassione per le sofferenze dei personaggi bilanciaun istintivoottimismo che induce aimmaginare unapossibilitàperLeedi trovareuna via d'uscita.

Storianellastoria è il rapporto viscerale del protagonistacon il mare: allontanato, ricordato, perso, ritrovato e poi placidamente ammirato. Un mare enorme in cui i pensieri possono perdersi e anche Lee può recuperare un sorriso, proprio nel finale del film.

L'ultima scena ci lascia senza capire davvero come andrà a finire, ma aiutandoci a capire che non finirà.