Profondo e poetico l'editoriale di Timothy Garton Ash pubblicato su "Il Sole 24 Ore".
L’autore descrive l’europa come una madama malata, arrivata a ben 60 anni (che nel fiume della storia sono invero pochissimi) tra diversi acciacchi dovuti al populismo arrembante, ai nuovi assetti politici, a fenomeni incontrollati come la crisi economica e l’emorragia delle nuove migrazioni.
Il vecchio continente come una bella donna negli anni dei capelli velati di bianco, fino a trent’anni fa corteggiata da tutti e adesso evitata, se non additata come causa principale di ogni male.
Eppure “c’è ancora vita in questa vecchia ragazza” – dice Garton Ash - un auspicio forse più che una constatazione. Un auspicio nutrito da una fiducia di fondo su cui basarsi, alla vigilia delle celebrazioni per i Trattati di Roma.
Garton Ash si aggrappa al messaggio olandese, che alle urne ha respinto seccamente il populismo a tinte naziste di Wilders, e spera in una forte risposta del popolo – nell’accezione più alta – francese e tedesco.
Affinché la vecchia Europa non sia lasciata pericolosamente ostaggio di improvvisate figure autoritarie che potrebbero fare il verso a Trump, piuttosto che dialogare con lo sceriffo biondo che, nell’incredulità mondiale, è diventato Presidente degli Stati Uniti.
Ash tratteggia anche gli aspetti ingenuamente comici di un presidente piccolo piccolo, quel juncker che guida la Commissione europea.
Così impetuosamente assorto nella costante verifica della propria credibilità da dimenticare le urgenze sulle quali, oggi, l’Europa è chiamata a rispondere da continente giovane e vitale.
La signora è appesantita da istituzioni che vorrebbero rappresentare tutti gli europei, ma non riescono; appassiscono in perenne disagio nel rapporto con i governi nazionali, non riuscendo a confermare nei fatti quella rappresentatività descritta dai trattati e narrati dai leader che si sono avvicendati al timone della Commissione. Eppure c’è ancora vita in questa vecchia ragazza, ne siamo sicuri.