Il 2016 non smette di trascinare con sé alcuni dei nomi più prestigiosi del panorama musicale internazionale, strappandoli alla terra solo per restituirli alla leggenda, in saecula saeculorum, e aggiunge un’altra tacca alla collezione col nome di Greg Lake. Cantante, musicista e compositore, Greg Lake si è spento a 69 anni, al termine di una lunga battaglia contro il cancro. A darne notizia sulla sua pagina Facebook è stato Stewart Young, manager degli Emerson, Lake & Palmer, lo storico supergruppo pioniere del movimento progressive-rock. “Ieri, 7 Dicembre, ho perso il mio migliore amico dopo una lunga ed ostinata battaglia contro il cancro.
Greg Lake rimarrà eternamente nel mio cuore, dove è sempre stato. La sua famiglia sarà grata a chi rispetterà la propria privacy in questo momento di dolore”: queste le parole lapidarie di Young, subito riprese dalla BBC che ha diffuso ufficialmente la notizia.
La leggenda Greg Lake, dagli “Shame” agli “ELP” alla Laurea ad honorem del Conservatorio Nicolini di Piacenza.
Sono gli anni Sessanta e la Gran Bretagna si lascia alle spalle ben quindici anni di ricostruzione post-bellica: sono gli anni della Swinging London, in cui dallo skiffle si passa rapidamente al beat e i jazz club e i locali di musica live proliferano nella capitale. Nondimeno a Poole, nel Dorset, dove un giovanissimo Greg Lake si appassiona alle lezioni di chitarra che frequenta insieme all’amico Robert Fripp, col quale daranno vita nel 1969 ai King Crimson.
Dopo una prima esperienza con gli “Shame” e gli “Shy Limbs”, il talento di Lake si palesa già in tutta la sua portata nell’album “In The Court Of The Crimson King”, pietra miliare nonché, probabilmente, il primo vero esperimento di progressive rock. Dalla melanconica maestosità di “Epitaph” all’incedere raffinato di “I Talk To The Wind” fino alla delicatezza onirica di “Moonchild”, la voce di Greg Lake è destinata fin da subito ad entrare nell’olimpo delle voci più belle e imitate del rock.
Ma l’idillio dura poco e, nonostante partecipi su invito di Fripp alle registrazioni dell’album “In The Wake of Poseidon”, le ambizioni di Lake rispetto ad un progetto più esteso di sperimentazione e di avanguardia sonora e stilistica lo spingono a contattare Keith Emerson, leader dei “Nice” e Carl Palmer degli “Atomic Rooster”.
Nasccono così gli “Emerson, Lake & Palmer” e da allora è il delirio. L'audacia del trio lo porta ad esordire già nel 1970 al Festival di Wight con un adattamento in chiave rock dell’opera “Pictures At An Exhibition” di Mussorgskij. Ma è col primo album in studio e con “Tarkus” che si inaugura un’epopea in cui il rock sinfonico si fonde col ragtime, col jazz, col blues e col folk (indimenticabili le ballate “Take A Pebble” e “Lucky Man”, quest’ultima scritta da Lake ad appena 12 anni e usata come riempitraccia), in un tutt’unico in cui i virtuosismi di Palmer ed Emerson fanno da supporto ideale alla voce potente e insieme morbida incorniciata perfettamente dai raffinati giri di basso di Lake.
“Artigiani, perché la vera musica è fatta d’amore, non dai soldi”: così diceva Greg Lake in una recente intervista, confermando ciò che già i solchi dei suoi dischi sia con gli ELP, sia da solista dal 1980, raccontavano ad ogni nuovo ascolto. Dal tour con gli Asia, alla collaborazione con Bob Dylan, con i The Who fino all’ultima collaborazione con Keith Emerson nel 2010, a Greg Lake spetta il merito di aver costruito un ponte concettuale, lirico e compositivo tra la musica classica, barocca e il rock, che gli ha guadagnato lo scorso Gennaio una Laurea ad honorem da parte del Conservatorio Nicolini di Piacenza. In occasione della cerimonia la musicista Annie Barbazza ha interpretato, con Max Repetti al piano, alcuni dei pezzi più significativi della carriera di Greg Lake: “The Sage”, “The Stones of Years”, “The Great Gates Of Kiev”, che si chiude con le parole “la morte è vita”. Già, perché una dei tanti pregi della musica di Lake sarà quella di sopravvivergli.