Non è un caso che il regista di "Florence" sia Stephen Frears, lo stesso di "Philomena", visto che vi si respira la stessa atmosfera intrisa di commozione autentica. La storia che è alla base del film è nota ai più: un'ereditiera americana, Florence Foster Jenkins, sogna di diventare una cantante lirica, ma è "worst", come dicono gli americani. In questo suo disegno "patetico e vanaglorioso" è appoggiata dal marito-manager St. Clair Bayfield, un ex mediocre attore interpretato da Hugh Grant, e dal compositore Cosmé McMoon (Simon Helberg). Questo sostegno è interessato, così come i sentimenti di Bayfield che ha una seconda vita con una bella donna.

Siamo nel 1944 - il film è tratto da una storia vera - c'è la guerra, e intorno a Florence-Meryl Streep gravitano personaggi del calibro di Arturo Toscanini.

Fino a quando Bayfield riesce ad organizzare concerti con claque ignoranti e prezzolate va tutto bene, ma nel momento in cui Florence riprende le sue lezioni private per una grande aria lirica, e la incide autonomamente con un'etichetta in voga in quegli anni, cominciano i guai. Le radio militari iniziano a passare i suoi pezzi, richiesti soprattutto dalle persone comuni che, nel dolore della guerra, vengono attratte dalla sincerità del canto di Florence. Il momento clou è l'organizzazione di un concerto nella prestigiosa Carnegie Hall, dove la protagonista si deve esibire dinanzi ad un pubblico preparato.

Il film si regge su un registro comico che vira pericolosamente verso il drammatico, come in una commedia greca. Questo discrimine-limine è attraversato dalle grandi capacità attoriali della Streep - che molto probabilmente vincerà l'Oscar, nonostante la Emma Stone di "La la land" e la Nicole Kidman di "Lion" - che incarna il coraggio di vivere di una donna che, martoriata dalla vita (ha la sifilide), non rinuncia ad assecondare il suo talento con la forza del cuore e con i suoi sogni irrealizzabili. Questi ultimi, del resto, sono nobilitati dai primi e generano quell'amore-devozione che non è un sentimento di secondo ordine nella scala valoriale della nostra vita quotidiana.