Gae Capitano è uno degli autori musicali italiani più stimati, richiesti ed anche più premiati. Ecco per voi una esclusiva intervista in occasione dell'uscita della sua ultima creatura, "Tabula Rasa", per l'album di Ilaria Porceddu, e per parlare di scrittura, di come si compone una canzone, dei Talent show, del Festival di Sanremo e di tanto, tanto altro! L'autore della meravigliosa "Il Dio delle piccole cose", tratta dall'album di Max Gazzè, Niccolo Fabi e Daniele Silvestri, si racconta a Blasting News e offre anche dei consigli utili a chi scrive, o compone, per capire al meglio su cosa puntare per diventare un autore di successo.

Gae Capitano, alias Gaetano Capitano, uno fra gli autori italiani musicali più richiesti. Con quali artisti hai collaborato fino ad ora?

La mia figura di autore è arrivata al grande pubblico grazie alla collaborazione con Max Gazzè, Niccolò Fabi e Daniele Silvestri per il disco di platino "Il Padrone della Festa", ma ho lavorato per anni "dietro le quinte". Ho partecipato ad ogni concorso esistente in Italia e mi sono fatto conoscere, ed apprezzare, in questo modo. La mia collaborazione più illustre degli ultimi è, sicuramente, quella con il maestro Maurizio Fabrizio, probabilmente il miglior compositore italiano vivente attualmente, quello che ha scritto "I migliori anni della nostra vita" di Renato Zero, "Un'emozione per sempre" di Eros Ramazzotti e "Almeno tu nell'Universo" di Mia Martini.

Poi ho collaborato e scritto canzoni che non hanno visto la luce perché, sapete, noi autori scriviamo, facciamo provini per nomi straordinari, grandissimi, però se queste canzoni non finiscono nel disco finisce tutto lì. Io, fortunatamente, ho scelto un percorso dove produco poche cose e quelle cose, solitamente, vengono poi sempre scelte ed anche riconosciute dalla critica.

Partecipare e vincere Premi, e tu ne hai vinti tanti, è così importante per la carriera di un autore musicale o è solo un surplus?

I premi sono, innanzitutto, occasione di crescita e confronto con altre persone: credi di essere bravo, partecipi, poi ti ritrovi in finale al Premio De André o al Premio Lunezia con tantissimi altri che sono o al tuo livello o, spesso, anche molto più bravi di te, e chi ne esce vincitore ottiene quel risultato sempre per un soffio, proprio per la grande qualità di chi vi partecipa.

Se non si partecipa a concorsi di questo tipo non si comprende davvero a che livello si è, poi, comunque, è uno dei modi più eleganti per farsi conoscere. Non importa se ci si posiziona primi o ultimi, in realtà: pensate che gente come Tiziano Ferro, Laura Pausini e i Lunapop (dove ha debuttato Cesare Cremonini) sono arrivati ultimi quando vi hanno partecipato, però alla fine qualcuno li ha scritturati! Bisogna farsi comunque notare in qualche modo, è questo è il modo migliore. Se si è bravi si incontrerà certamente qualcuno che punterà su di te e ti darà una mano.

Cosa ne pensi dell'edizione del Festival di Sanremo di quest'anno?

Premettendo che negli ultimi tre anni ho fatto l'opinionista proprio per Sanremo News per l'analisi dei testi, c'è da dire che Sanremo è un discorso a sé: ormai la gente ha capito che la classifica finale non conta più niente.

Poi c'è anche la barzelletta che recita che è meglio arrivare terzi a Sanremo perché, storicamente, chi arriva in quella posizione è quello che vende più dischi! Nell'analisi dei testi di quest'anno, ad esempio, non ho votato Francesco Gabbani: il testo di "Occidentali's Karma" è un bellissimo esercizio di stile, di metrica, che suona bene e infatti mi aveva colpito in un primo tempo, ma, alla fine, non mi ha poi convinto. Poi è scopiazzata da una canzone della Cuccarini. Lo stesso Gabbani, però, ha scritto "Il bambino con il fucile" per Adriano Celentano che è, invece, un pezzo straordinario. Quindi non critico Gabbani come cantautore ma, al limite, per la scelta che ha compiuto, in quanto autore, sul brano da portare a Sanremo.

Mi è piaciuto, invece, Michele Bravi. Il testo scritto da Federica Abbate, che in questo caso ha fatto un buon lavoro, mi è piaciuto e lui ha saputo rendere in modo originale e interessante il pezzo.

Come si costruisce una canzone?

Io scrivo da quando avevo 4/5 anni, ancora prima di leggere e scrivere, avevo già una predisposizione naturale. Con gli anni ti accorgi che scrivere diventa la tua valvola di sfogo, un linguaggio alternativo, che fa parte di te. Ho sempre buttato in musica tutti quei pensieri che avevo paura di esprimere o che non riuscivo a dire a parole semplici. Si scrive per necessità, si deve sentire davvero il bisogno di scrivere. Quando hai composto qualcosa, poi, fai leggere e/o sentire la tua musica o il tuo testo a terzi, per sapere cosa ne pensano e farti un'idea più ampia di cosa puoi o non puoi aver creato.

Naturalmente poi, con la pratica, si diventa più abili nel mestiere e, se anni fa quello che veniva di getto era più rudimentale, col tempo si impara a scrivere veicolando diversamente le parole, in modo che risultino già più accessibili al primo colpo. È come se, ad un certo punto, ti rendi conto che non scrivi più solo per te stesso ma sai già cosa possa, o non possa, piacere alla gente. Il mio lavoro su un pezzo è molto rigoroso, puntiglioso: un mio testo deve essere uno di quelli che fra 10 anni se ne parlerà ancora, che continuerà ad emozionare, indimenticabile, non l'ennesima canzone alla radio che dura due mesi e poi scompare. Preferisco scrivere meno, poco, ma curare ciò che faccio all'ennesima potenza e arrivare a poter dire di quel pezzo che mi piace.

E se convince te stesso sei già a metà dell'opera. Quando faccio gli stage ricordo sempre ai miei allievi che il lavoro dietro le quinte per rendere un pezzo semplice ma bello può essere paragonato al tempo per una bella ragazza: tre ore di trucco per farlo sembrare acqua e sapone!

Talent show: sono ancora un'occasione al giorno d'oggi? Cosa ne pensi?

I talent stanno diventando un problema un po' in tutto il mondo: consumano una marea di risorse e ne consumano così tante che, nell'insieme, bruciano anche roba buona. Ad esempio: un'artista come Chiara Dello Iacovo, che mi ha addirittura commosso quando l'ho sentita cantare una cover di "Ti regalerò una rosa" (successo sanremese di Simone Cristicchi), ha partecipato a The Voice of Italy ma non l'ha vinto, e questo dimostra che ci sono dei meccanismi sbagliati perché lei è una cantautrice vera, davvero fantastica, era la migliore.

Un altro esempio perfetto è Ilaria Porceddu, che ha partecipato ad X Factor: una delle artiste più straordinarie che esistano in Italia. Suona benissimo, canta benissimo e scrive benissimo, un'anima bellissima, e ti chiedi come mai non ci sia gente come lei a rappresentare la nostra musica nel mondo ma altre. Tony Maiello si è dovuto reinventare come autore dopo aver partecipato ad X Factor, anche il bravissimo Emanuele Dabbono, che fortunatamente ora lavora per Tiziano Ferro, ma entrambi hanno fatto X Factor. Chi esce dai talent, spesso, ne è persino danneggiato: è vero che nell'immediato hai una botta di visibilità, ma tutto sommato è negativa, perché dura poco e se non lo vinci è come dire: "Sei bravo ma non abbastanza".

Da un punto di vista discografico sei già compromesso. Si contano davvero sulla punta delle dita le persone che ce l'hanno fatta tra quelle che hanno vinto, figuriamoci tra quelli che hanno solo partecipato! Poi c'è anche un altro aspetto, l'autenticità. Parlando dei finalisti dell'ultima edizione di Amici, questi ragazzi sono vergognosamente perfetti e bellissimi! Sono così perfetti da sembrare finti ed è altrettanto difficile pensare che possano durare nel tempo, anche perché a novembre te ne propongono altri 25!

Ci sono svariati autori, anche di grande bravura, che scrivono molte canzoni per i talent. Cosa pensi di loro?

È semplicemente una questione di scelte: da una parte ci sono i soldi, quindi fare più canzoni possibili, anche meno memorabili ma più a presa rapida, che ti consentono di entrare sicuramente in un disco in uscita e guadagnare e dall'altra c'è la qualità, quindi fai pochissime cose che lasciano il segno.

Quest'ultimo è il mio percorso. Comunque sono convinto che il futuro non sarà il talent ma ci sarà un ritorno alla ricerca di artisti nei locali o in strada e si arriverà al punto che se ti consideri un'artista di livello i talent li eviterai proprio!

Prima hai citato Ilaria Porceddu. Nel suo nuovo album compare una delle tue ultime creature, "Tabula Rasa". Parlaci di questo brano.

"Tabula Rasa" nasce dal delicato tentativo di parlare di sesso, della sottile linea che divide il sesso dall'amore, e di farlo in una forma inusuale e poetica. Ho scritto "Tabula Rasa" durante una sessione di lavoro con Bungaro (che scrive tutti i testi di Fiorella Mannoia), uno dei miei grandi maestri, ed è stato molto complesso: parlare di orgasmi, sesso, corpi, del c***...

non è facile. Ho voluto camminare ugualmente su questi terreni, che la moltitudine degli autori non affronta perché scomodi, perché ha paura che non vengano capiti e quindi respinti, e alla fine il rischio mi ha ripagato perché ci ho vinto il Premio Lunezia! Il testo è poi stato preso da Ilaria Porceddu e Francesco Gazzè che ci hanno fatto la musica e riscritto delle parti, per renderlo più adatto al mood che volevano ottenere, trasformandola in un capolavoro. La canzone non è un pezzo da radio, questo è sicuro, però ti lascia sicuramente un qualcosa "nella pancia" (potete ascoltarlo su Spotify). Questo pezzo mi ha regalato molte soddisfazioni, compresi gli elogi, totalmente inaspettati, di Luzzatto Fegiz e Michele Monina, critici difficilissimi da convincere e colpire.

Un'artista per il quale o la quale vorresti scrivere? Un nome di getto...

Fiorella Mannoia. Ma anche Renato Zero o Giorgia.

Come si fa a diventare un autore? Cosa consigli a chi vuole tentare questa strada artistica?

Per prima cosa bisogna scrivere cose originali. Pensate a "Vado Al Massimo" di Vasco Rossi: non parlava di cose innovative ma era innovativo il modo in cui lo diceva e per questo è ancora famosa ora dopo tutti questi anni. Vuoi parlare dell'amore, che è il terreno più comune? Fallo ma non parlarne nello stesso linguaggio, trova un tuo modo unico e originale. Artisti come Le Luci della Centrali Elettrica, ad esempio, non sono così incredibili per spessore però dicono le cose a modo loro e ciò li rende unici ed interessanti.

È in questa fase che ti metti realmente alla prova e inizi a capire se può essere la tua strada.

Nel mio caso,l'obiettivo era di arrivare ad un livello autoriale che potesse sfiorare quelle canzoni che avrei voluto scrivere io, come "Avrai" di Claudio Baglioni, "Quello che le donne non dicono" di Fiorella Mannoia e "La cura" di Franco Battiato. Il mio confronto erano e sono pezzi di questo tipo, e non mi accontento se non raggiungo una profondità ed un livello tali da arrivarci. Se tu vuoi confrontarti con quello e usi lo stesso linguaggio devi essere più bravo. Se non riesci e ti rendi conto che non sei a livello, devi scegliere un'altra direzione. Se ti consideri abbastanza bravo, stai passando alla seconda fase, ovvero far arrivare la tua canzone al pubblico. E qui bisogna insistere e non arrendersi mai: vai ai concorsi e fatti notare, che qualcuno dietro le quinte capirà la potenzialità del tuo materiale. Terza cosa è crederci! Sembra banale, ma devi essere convinto che ciò che hai scritto è bello perché è ciò che ti porterà a non arrenderti e a perseverare, anche quando arriveranno le porte in faccia (perché capitano a tutti). Ultimo step, un passaggio tecnico, è salvare le proprie opere: esiste la SIAE ma anche altri metodi, come Soundreef, Creative Commons ecc. E Il resto? Dipende solo da te.