Marco Marsullo nasce a Napoli il 6 febbraio del 1985. Autore di sette Libri, con l'ottavo in arrivo, collabora con la "Gazzetta dello Sport" in qualità di editorialista. Ecco il resoconto della chiacchierata con una delle penne più promettenti del panorama letterario italiano.

Partiamo da lontano. In un'intervista dichiarasti che, già da piccolo, avresti voluto fare lo scrittore.

Mi è sempre piaciuto scrivere, alle medie avrei voluto fare il giornalista, ma quella è una vita difficile. Per anni ho collaborato con alcune testate, qualcuna non pagava.

Una volta ho anche rischiato di essere menato dalla scorta di Maroni, ero lì con registratore e pantaloni larghi, mi scambiarono per un contestatore.

Dai tuoi libri "calcistici" traspare un’infanzia fatta di campetti, ginocchia sbucciate e zaini che fungono da pali.

Proprio così. Come tutti i bimbi, nessuno resiste alla tentazione di correre dietro a un pallone che rotola. Ho la fortuna di lavorare con classi delle elementari, mi diverto molto e anche adesso, nell’era dello smartphone e dei tablet, mi accorgo che per dare un Calcio a quella sfera si abbandona anche quella tecnologia capace di invaderci in maniera eccessiva negli ultimi anni. Nonostante ci siano genitori che anestetizzano i propri figli con questi aggeggi infernali, il giocattolo migliore e più attrattivo resta sempre il pallone.

Come fa un napoletano nato nel 1985 a diventare milanista?

Purtroppo ai tempi di Maradona ero troppo piccolo per godermi appieno quello che è il mio calciatore preferito. Ho un quadro bellissimo che ritrae Diego in salotto. A 6/7 anni, nell’età in cui tutti iniziamo a vedere le partite, c’era un’altra squadra che se la cavava discretamente: il Milan.

Erano i tempi di "Holly e Benji"; ho sempre preferito il primo e Van Basten è stato il mio Holly.

Sei stato anche uno studente di giurisprudenza, come mai hai abbandonato gli studi?

Mi iscrissi a quel corso di laurea dopo il liceo, convinto che potesse darmi una formazione in grado di aiutarmi a perseguire i miei obiettivi. Per fortuna (ride, ndr) ho lasciato, lo studio canonico non fa per me.

Bisogna stare lì ore ed ore, ma io ho il livello di concentrazione di un pesce rosso, dopo due minuti mi distraggo.

Arriva il momento di "Atletico Minaccia Football Club", il romanzo della svolta. Le avventure di Vanni Cascione e i suoi ragazzi rappresentano il salto di qualità definitivo.

È sicuramente quello il libro a cui sono più legato, in origine era titolato "Mourinho mi fa una pippa". Con uno stratagemma, riuscii a far arrivare il manoscritto a Severino Cesari. Mi rispose chiedendomi come avessi fatto a reperire la sua mail, gli dissi che ci ero riuscito sostituendo il suo nome con quello di Paolo Repetti, di cui procurai il contatto tramite Facebook. A quel punto mi disse che non avrebbe mai potuto trascurare il manoscritto di uno così furbo.

Lesse il tutto e da lì iniziò la mia ascesa.

Vanni Cascione, l’allenatore dell’Atletico Minaccia Football Club, è un allenatore che va a un passo da un successo clamoroso, salvo poi fermarsi un millimetro prima del traguardo. Cosa c’è di masochista nel non farlo vincere?

Le storie dei perdenti sono sempre più affascinanti rispetto a quelle dei vincenti. Detto questo, lui è un personaggio capace di fare un percorso di crescita importante all’interno del libro, si migliora, e il fatto che perda solo per un calcio di rigore sbagliato dimostra una cosa: a volte il calcio prende direzioni imprevedibili e, per quanto Cascione faccia il massimo perde, ma solo per una circostanza non legata al suo eccellente lavoro.

Con questo libro, la tua passione diventa un lavoro. È difficile non perdere l’entusiasmo quando ciò che fai saltuariamente diventa la tua professione, assumendo il tono della regolarità e dell’obbligatorietà a produrre una certa mole di prodotto?

Fortunatamente non ho scadenze fisse, posso prendermi delle pause. Più che il senso di responsabilità, mi spaventa il tanto. Quando tu ami una cosa, non la vuoi fare sempre, e se la fai troppo rischi di fotterti. Così facendo è inevitabile perdere un po' di lucidità, ma non la passione. Sono certo che starò sempre meglio continuando a fare questo lavoro. Le mie vendite sono cresciute di libro in libro, questo aumenta la pressione. Ma non mi spaventa, più sale l’asticella e più mi diverto.

Sono un privilegiato, c’è un sacco di gente che vuole scrivere ma, per un motivo o per l’altro, non riesce. Devo continuare a meritarmi questo beneficio e poi mi voglio sempre migliorare, mi piacerebbe diventare il numero 1. Ma è presto per dire che lo sarò, i cavalli di razza si vedono all’arrivo.

Nonostante ti piacciano gli anti eroi, è più un approccio alla Cristiano Ronaldo piuttosto che alla Balotelli.

Decisamente sì. Detto questo, adoro Balotelli. Ma, per quanto lui si diverta un mondo, non vorrei concludere così poco dal punto di vista professionale.

In un altro pezzo della tua bibliografia, "Il tassista di Maradona", racconti invece la storia di Jorge Gonzalez, "El Mago". Lui non è la classica promessa non mantenuta persasi in alcool e droga.

A lui piaceva il sesso e dormiva un sacco. Un atipico-atipico?

Rizzoli mi chiese una narrazione sportiva, proposi Gilles Villeneuve, un personaggio di cui mio padre mi ha parlato un sacco e che m’incuriosiva molto, nonostante non abbia mai avuto il privilegio di vederlo correre. Di lì a poco, un amico mi parlò della storia di questo calciatore salvadoregno. Iniziai ad informarmi su internet e scoprii di avere il suo stesso tallone d’Achille: la fatica tremenda nell’alzarsi presto. Decisi di partire per Cadiz (la città nella quale si espresse al meglio dal punto di vista calcistico, ndr), volevo vedere dove aveva vissuto e parlare con qualcuno che l’avesse conosciuto personalmente. Lui voleva sognare di giorno, è il mio modo di vivere.

Cascione è frutto della tua fantasia, Gonzalez è realmente esistito. Nonostante questa differenza, cos’hanno in comune?

Il sogno. Il fantasista salvadoregno si perde in se stesso mentre il mister cerca di ritrovarsi. Ma è il sogno di ogni malato di calcio ad accomunarli.

Abbandoniamo i tuoi libri per parlare di calcio giocato, anche se la querelle Donnarumma ha poco a che fare con la tua passione principale.

Dici bene, non ha niente a che fare. Quelli della mia generazione sono stati gli ultimi a vedere il calcio prima che diventasse una vera e propria industria. Più che i metodi di Raiola al limite della legalità, del "tengo famiglia" dimostrato dall’ingaggio del fratello Antonio, mi spaventa molto il fatto che "nu guagliuncell' e diciott’anni" non abbia un sogno.

Oltretutto, questa fretta di prendere tutto subito è, a mio modesto parere, un indicatore d’insicurezza. Sembra quasi che stia sfruttando il momento, come se non si sentisse in grado di diventare tutto quello che gli altri si aspettino che lui diventi.

Pronostico secco: chi vince scudetto e Champions League?

Rispettivamente Juventus e Bayern Monaco, non posso pensare che Ancelotti non alzi la Coppa in Baviera.

Un aggettivo secco per…Juventus?

Perfetta.

Un altro per il Milan?

Speranzoso.

Inter?

Riscaldata.

Napoli?

Antagonista.

Roma?

Incompiuta.