La pericolosità e il fascino dell’estremismo sono note in ambienti ben più seri rispetto a quelli dello sport, o di ciò che si fa definire tale. Ma spesso quella che dovrebbe essere la competizione più sana tra esseri umani è lo specchio del mondo.
La straziante vicenda Donnarumma
E per quanto ciò che state per leggere possa sembrare un luogo comune al limite del populismo più becero, il nostro è ormai un pianeta in cui odio, conflitti e interessi la fanno da padroni. Bene, fermatevi un attimo a pensare quanto i tre sostantivi di qui sopra possano essere caratteristici della querelle Donnarumma: frustrante, noiosa e straziante come poche cose nella storia, recente e non.
Da una parte l’odio (sportivo s’intende o si spera) dei milanisti feriti nell’orgoglio, vittime dei conflitti tra Mino Raiola e il club rossonero, intenti a soddisfare i propri interessi. Visto, il giochino non è stato poi così tanto difficile. Dove c’è guerra, ci sono vittime civili e per niente responsabili dei contenziosi, ecco il ruolo che calza a pennello ai tifosi.
Una figura controversa: il tifoso
Questi ultimi, spesso definiti come il cancro del calcio moderno, rimangono gli unici e ultimi romantici di un ambiente tutt’altro che meritevole d’amore o sentimenti a esso affini. Quelli che si arrabbiano quando si accorgono che i giocatori bardati dei loro colori non sudano la maglia, quelli senza memoria, quelli che mettono passione, quelli che hanno tanti pregi ma anche tanti difetti, come qualunque innamorato incapace di vedere a 360°.
Le stesse persone capaci di farsi scivolare addosso le orribili prestazioni di Cagliari e Pescara, per dirne due, del loro giovane estremo difensore e capaci, circa due mesi dopo, di accusare di alto tradimento “Gigio” per le tre pere somministrategli da Saul (se Bernardeschi e Berardi valgono 40 milioni questo fa un altro sport) nella semifinale dell’Europeo Under 21.
Ed eccolo, l’estremismo: bello, attraente e affascinante, ma non quando d’opinione.
Se infatti allenatori come Bielsa, Zeman e Sampaoli possono essere tremendamente sexy (calcisticamente parlando), non altrettanto si può dire di tutti coloro i quali sono passati dal “Donnarumma è giovane, può sbagliare”, pre-grande rifiuto, al “e questa pippa avrebbe rifiutato 5 milioni di euro all’anno?” o al “sui tiri di Saul si poteva fare di più”, di recentissima memoria.
Il bipolarismo d'opinione tra tifosi e giornalisti
Curioso, divertente, ma oggettivamente quasi al limite del ridicolo quanto questo bipolarismo d’opinione coinvolga spesso, e mal volentieri, due categorie che non si piacciono per niente: giornalisti e tifosi che, in questa circostanza ma non solo, rafforzano il sillogismo secondo cui gli opposti si attraggono e, di conseguenza, i simili si respingono fino a non sopportarsi.
Talvolta differenziati solo e soltanto da abiti e stipendio, le loro opinioni sono spesso somiglianti, così come gli sbalzi d’umore che portano a pompare all'inverosimile una squadra, un giocatore o un tecnico capaci di produrre buone prestazioni per un anno, salvo poi affossarlo e gettare escrementi nella sua direzione non appena il rendimento cala di un centesimo di punto percentuale.
Una differenza sostanziale intercorre però tra tifosi e giornalisti: i primi sono mossi dall’amore per una maglia (s)venduta al miglior offerente e, talvolta, parzialmente giustificabili proprio dalla cecità causata dal sentimento più nobile producibile dall’uomo; i secondi dovrebbero mantenere l’obiettività tipica di un innamorato, sì, ma del gioco.
I cronisti hanno, o meglio dovrebbero avere, il dovere di mantenere una certa distanza dagli eventi che commentano. In Italia e non solo, non facciamo altro che sentire, da tempo immemore, telecronache con l’antipaticissimo “noi” quando gioca la Nazionale e continuiamo ad assistere a trasmissioni che parlano dei profili Twitter, Instagram e Facebook dei calciatori, ma che non dicono quanto i difensori moderni siano incapaci di marcare.
E se il legame giusto da avere con lo sport fosse un qualcosa che somiglia a un rapporto occasionale? Perché amare qualcuno che non solo non ricambia, ma non è neanche a conoscenza della nostra esistenza? Potrebbe, condizionale d'obbligo, esser meglio guardare una partita senza implicazioni sentimentali. Certo, diminuirebbe l'intensità di gioie e dolori ma quantomeno ci consentirebbe di fare un'analisi più accurata di tutti i protagonisti del teatro, perché per quanto l'idea non piaccia ai romantici, di questo si parla. Questi ultimi potrebbero rispondere col più classico dei "l'amore è cieco" e a questo punto diverrebbero inattaccabili agli occhi di chi non riesce più a emozionarsi e che, probabilmente, invidia quella loro fanciullesca ingenuità.