Dunkirk è considerato il nuovo fenomeno cinematografico non solo dell’anno, ma anche uno dei nuovi capolavori del genere, la cui paternità va attribuita all’acclamato Christopher nolan, regista de Il Cavaliere Oscuro, Inception, Interstellar. Il film narra le vicende dell’evacuazione di Dunkerque, nel 1940. Lo scopo del film non è quello di riportare una verità storica, a riguardo sono forniti ben pochi dettagli, se non quelli riguardanti la situazione d’emergenza in cui si vennero a trovare circa 400mila soldati inglesi, più le truppe francesi, a seguito dell’avanzata tedesca verso La Manica.

Il fatto di non poter parlare di film storico in senso stretto, nonostante il legame con gli avvenimenti della seconda guerra mondiale sia legato indissolubilmente con la cronaca dell’epoca e con l’ambientazione della pellicola, permette allo spettatore di mettere appieno i panni dei vari protagonisti.

Il film

L’impianto narrativo del film è strutturato in 3 filoni: cielo, terra e mare. Pur non potendo essere in grado di raggiungere un grado tale di immedesimazione da afferrare la percezione di una persona protagonista di tale vicenda si può affermare però che tale percezione non è fatta di cartine geografiche, strategie geopolitiche o accordi internazionali. La percezione di un soldato come Tommy, interpretato da Fionn Whitehead, o di un pilota di aerei come Farrier, interpretato da Tom Hardy, è composta da ciò che si ha sotto i piedi, la terra, ciò che si vede alzando la testa, il cielo e ciò che nel caso di Dunkirk rappresenta l’ostacolo più grande per la propria salvezza, il mare.

Il film è relativamente breve per gli standard di Nolan, solo 1 ora e 40 minuti circa. La brevità del film è legata a una scelta precisa del regista. A differenza dei suoi altri prodotti non c’è una trama da sbrigliare o una costruzione psicologica dei personaggi. La trama c’è, è quella della vicenda di Dunkerque, ma è scomposta in tasselli temporali, tuttavia senza che lo spettatore se ne accorga, così come solo Nolan avrebbe saputo fare.

Il ruolo del tempo

Il tempo infatti è uno degli elementi principali nei film di Nolan e in Dunkirk il passare del tempo in una situazione bellica è resa alla perfezione, in particolare nell’ambiente della spiaggia in questione in cui la dimensione temporale è a sé stante, e le unità di misura diventano gli attracchi dei cacciatorpedinieri, l’alzarsi e l’abbassarsi della marea e i ciclici attacchi del ‘nemico’, che a differenza di altri film di guerra non è né rappresentato, né gli vengono attribuiti elementi di identificazione di qualche sorta.

L’unico elemento extradiegetico che interviene a scandire la dimensione temporale è la colonna sonora di Hans Zimmer, in maniera simile a quanto presente in Interstellar, in cui ritmi temporali dettati dalle condizioni astrofisiche vengono rappresentati come non sarebbe stato possibile fare attraverso immagini su uno schermo. La brevità del film, come si diceva, è una scelta precisa, ovvero quella di mostrare i personaggi per quello che fanno, e non attraverso i classici dialoghi (alcuni tra i personaggi rimangono per la maggior parte del tempo in silenzio, così come Tom Hardy che, pur essendo una delle punte di diamante del cast, non pronuncia che una manciata di parole). Ad alcuni dei personaggi, come il pilota Farrier, il rapporto con il pubblico è affidato prevalentemente all’espressività degli occhi.

Non è la prima volta che Hardy si cimenta in sfide del genere, si pensi all’interpretazione di Bane ne Il Cavaliere Oscuro o quella in Mad Max. Nolan ha preferito costruire personaggi la cui caratteristica principale fosse la fisicità e che attraverso di essa riempissero lo schermo. Tutti questi espedienti hanno contribuito ad un effetto di realismo non indifferente, altro elemento che, per ammissione dello stesso Nolan, avrebbe voluto provocare un effetto di tensione nello spettatore, pur senza portarlo allo sfinimento con una proiezione più lunga del dovuto. Il realismo è intensificato nel finale, in cui basta un articolo di giornale con le parole di Winston Curchill a smorzare l’entusiasmo per la salvezza dei sopravvissuti di Dunkuerque: la guerra non si vince con ritirate ed evacuazioni e l’esperienza della spiaggia francese è una disfatta dal punto di vista militare.

Altro elemento è proprio il distacco tra la classe politica dirigente e i ragazzi inviati al fronte, fatto che spinge l’attempato Mr. Dawson, interpretato da Mark Rylance (vincitore dell’Oscar per attore non protagonista ne Il Ponte delle Spie), ad andare a recuperare personalmente tanti sopravvissuti quanti ne può trasportare la sua modesta imbarcazione. Nel complesso Dunkirk è una performance cinematografica più che riuscita, che non fa altro che confermare il talento di alcuni degli attori del cast e di Christopher Nolan