All’Accademia Carrara di Bergamo è in esposizione, fino al 26 gennaio 2018, il Cristo Redentore Benedicente di Raffaello, un olio su tavola proveniente dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia. Il dipinto si affianca al San Sebastiano, già patrimonio della Carrara, ed è l’anticipazione offerta ai visitatori della mostra Raffaello e l’eco del mito in programma a bergamo dal 27 gennaio al 6 maggio 2018.

Un'opera giovanile

Il Cristo, prodotto attorno al 1505-1506, si colloca alla fine del soggiorno a Urbino di Raffaello quando l’opera dell’ancora giovane pittore (era nato nel 1483) si concentrava principalmente su soggetti di stampo religioso destinati a committenti privati.

L’Umanesimo matematico della corte di Federico da Montefeltro aveva trovato in Guidobaldo il suo valido erede, il quale commissionò al già apprezzato Raffaello una serie di tavole (una Madonna, il San Michele e il drago, oggi al Louvre e il San Giorgio e il drago, conservato alla National Gallery of Art di Washington). Il giovane pittore aveva soggiornato a lungo a Città di Castello, dove aveva dipinto lo Sposalizio della Vergine per la chiesa di san Francesco, e a Firenze. E proprio il paesaggio umbro segna lo sfondo del Cristo Redentore, la cui figura a torso nudo e dai tratti classicheggianti propri dell’Umanesimo urbinate, occupa l’intera tavola.

La simbologia dell'opera

La tunica rossa e la corona di spine con le gocce di sangue che colano sulla fronte sono i simboli della passione, così come le ferite ancora sanguinanti al costato e sulle mani.

Il segno di benedizione con la mano destra e le dita che formano il simbolo della Trinità, si collega con la mano sinistra portata al torace ad indicare la parte trafitta dalla lancia.

Il pollice, l’indice e il medio della mano sinistra riprendono il simbolo della Trinità, mentre il mignolo che diverge dall’anulare che, invece, incrocia leggermente il medio, possono rimandare al Cristogramma “I X”, “Gesù Cristo” (ΙΗΣΟΥΣ ΧΡΙΣΤΟΣ in greco).

La postura della mano sinistra ricorda quanto fruttuoso sia stato il periodo di apprendistato che Raffaello fece presso la bottega del padre, Giovanni Santi (1433-1494) morto una decina d’anni prima. Il Cristo accompagnato da due angeli, dipinto da Giovanni nel 1490 ed oggi custodito al Museo di Belle Arti di Budapest, è stato il modello da cui Raffaello ha ripreso il suo Cristo Redentore.

Sempre dal padre, il pittore urbinate acquisì l’attenzione ai particolari derivata dai famminghi. I dettagli della barba del Cristo Benedicente, dei boccoli dei capelli del Cristo e del San Sebastiano, del ricamo della veste del San Sebastiano sono anticipazioni di tecniche pittoriche che si completeranno nel periodo di residenza a Firenze, quando dipingerà capolavori come Maddalena Strozzi e la Dama col liocorno, fortemente influenzate da Leonardo.

Il Cristo Benedicente e il San Sebastiano

Il Cristo Benedicente posto accanto al San Sebastiano mette in risalto similtudini tra i due dipinti, in particolare nelle fattezze del volto, entrambi considerati come autoritratti di Raffaello. Il capo leggermente inclinato, lo sguardo diretto verso il basso, la capigliatura che poggia sulla spalla destra e invece cade direttamente sulla schiena alla sinistra del soggetto denotano un divario cronologico tra i due dipinti molto breve (il San Sebastiano è stato dipinto quattro anni prima del Redentore) e, soprattutto, l’influenza del Perugino, alla cui bottega Raffaello ha inizialmente lavorato.