Qualche giorno fa, a Lamezia Terme (CZ), presso gli studi di Calabria Tv di Annibale Notaris, ho avuto la possibilità di intervistare Julia Rukiru, giovane proveniente dalla tribù Africana dei Masai.
L'incontro si è tenuto per la trasmissione "I Consigli di Paolo Pecora"
L'omonimo ideatore Calabrese ha deciso di ampliare il suo programma con una rubrica culturale gestita e condotta da chi scrive. Julia Rukiru, di trentadue anni, ha iniziato a fare la modella sin da bambina nella sua terra, grazie alla mentalità di stile europeo della madre. In seguito ha deciso di trasferirsi a Milano, capitale italiana della moda, per realizzare il suo sogno.
Conosciuto l'amore, quattro anni fa, ha poi deciso di restare in Italia trasferendosi definitivamente.
La donna ha avuto l'opportunità di studiare in africa come lei stessa afferma: "nel mio Paese c'è la possibilità di frequentare le scuole, ma molti non riescono a terminare gli studi perché sono troppo difficili o troppo costosi. Io grazie allo studio sono riuscita ad allargare le mie vedute e vorrei continuare il mio percorso qui in Italia".
Per noi occidentali è complesso comprendere cosa possa provare una donna come Julia nell'essere "estratta" dalla sua realtà ed arrivare in un mondo completamente diverso e, per certi versi, opposto. Si è voluto porre l'accento sulle diversità antropologiche e, nel ricordare le sue origini e il suo popolo, Julia ha parlato della religione e dell'esistenza di un unico Dio con quarantadue nomi diversi, tante quante sono le tribù in cui è suddivisa la società Masai.
Questa concezione di Dio ricorda da vicino, quella della Dea Madre, conosciuta come la "Dea dai mille nomi" ma, quando alla giovane Masai è stato chiesto se vi fosse una divinità femminile nel suo mondo, ella ha risposto: "non possono esserci divinità femminili, poiché tra la mia gente le donne sono poco considerate, non hanno alcun potere decisionale e nessuna voce in capitolo.
La legge è amministrata solo dagli anziani. La donna è importante solo ai fini della procreazione e dipende sempre da padre, marito e figli maschi, questi ultimi un giorno si prenderanno cura di lei."
Il mondo Masai è arcaico, fatto di superstizioni e rituali. Tra i più importanti vi sono quelli detti "di passaggio", cioè i riti che attestano la fine dell'infanzia e il subentrare dell'età adulta.
Si effettuano, in queste cerimonie, le circoncisioni per gli uomini all'età di diciotto anni e, poco prima del giorno delle loro nozze, le escissioni del clitoride e la rasatura dei capelli per le donne.
Sulla circoncisione e l'escissione, la Rukuru afferma: "la circoncisione avviene senza anestesia e i giovani devono dimostrare di saper sopportare il dolore come segno di forza e coraggio." Mentre ci informa che l'escissione del clitoride non è più obbligatoria, cosi come la rasatura dei capelli e che il governo comincia ad impedire tali pratiche. Julia sostiene di essere fortunata ad aver avuto una madre che l'ha appoggiata nel suo progetto di spostarsi in Italia, e si definisce più Europea che Masai, dichiarando esplicitamente di non approvare del tutto le leggi e il modo di pensare della sua gente.
Divenute adulte, ancora oggi, le donne abbandonano per sempre la casa paterna, il loro nome e gli oggetti cari, per assumere una nuova identità. Si trasferiscono nella tribù del marito e qui sono accolte dalla sua prima moglie, che scaglierà contro la giovane sposa le altre donne del villaggio per farla piangere. Con queste lacrime la ragazza dovrà comprendere di essere di fronte ad una nuova vita da ricostruire.
Uno dei primi atti della nuova esistenza sarà quello dell'assegnazione del bestiame da mungere da parte del suocero alla nuora. Ella, non godrà di diritti sulle mucche, ma gli animali assegnati costituiranno la ricchezza del futuro marito e la nuova mandria di quest'ultimo. Le donne non possono vantare la proprietà di alcun animale in quanto, secondo una leggenda ancora tramandata dalla tribù, ne persero il diritto a causa della loro distrazione, lasciando che il bestiame fuggisse e divenisse selvaggio.
Come sottolinea Julia il concetto di ricchezza per i Masai, popolo semi-nomade di allevatori, si basa sul possedere una grande mandria, molte mogli e tanti figli. Prole e nipoti, permetteranno al capofamiglia e al suo nome di sopravvivere al tempo ed alla morte.
La realizzazione di una donna Masai consiste nell'avere bambini maschi
I bambini, crescendo, possono essere circoncisi e divenire guerrieri che proteggano la propria tribù e ne estendano il dominio. Altro obbligo dei figli è la cerimonia conosciuta come "eunoto" che sancisce il passaggio della madre sotto la protezione di uno di loro e il trasferimento della donna nella sua casa, lasciando così il padre ad occuparsi delle spose più giovani.
Le abitazioni, aggiunge la giovane Julia, sono ancora oggi quelle della tradizione, costituite da sterco e paglia e costruite esclusivamente dalle mogli, mentre gli uomini si dedicano alla sorveglianza del bestiame. Le case possono essere circondate da filo spinato per proteggere le mandrie dagli animali selvatici. Presentano tre ambienti: una stanza con focolare per cucinare, una stanza per dormire e un ripostiglio. Le mogli sono le prime a svegliarsi, benedicono ogni mattina il recinto dell'alloggio ai quattro lati, tramite dell'acqua in una zucca e un rametto di “Oseki”, l'albero della pace.
La poligamia è gestita in modo da generare più famiglie con lo stesso uomo, ogni abitazione è costruita e mandata avanti da una moglie, il marito vi si recherà soltanto quando vorrà soddisfare i suoi bisogni sessuali.
Nella società Masai, il corpo viene modificato tramite tagli sul corpo, tatuaggi e lobi pendenti, queste pratiche, secondo gli antropologi, permettono uno scambio di energia con l'ambiente esterno.
Il corpo, in ogni cultura, subisce delle modifiche e diviene una costruzione sociale. Esso viene perfezionato con diversi interventi. Nei popoli dell'Africa, si crede che il sesso nei bambini non sia definito; il clitoride ricorda un pene e viceversa e per questo si opera su di essi, in modo da renderli perfettamente complementari e distinti.
I riti di passaggio alla base della cultura masai, ad esempio, sono da considerarsi come un momento di aggregazione definitiva ad un gruppo, il corpo in essi diviene supporto dei valori sociali e il segno permanente nella carne agisce non solo sul piano reale ma anche su quello simbolico e spirituale, introducendo un cambiamento nella vita dell'iniziato.
Il passaggio da bambino/a ad uomo/donna può avvenire solo attraverso la trasformazione sul piano fisico, in questa fase è essenziale il dolore; esso ha valore formativo ed è una prova da affrontare con un'importante azione modificatrice. La sofferenza, ad esempio, preparerà le bambine ad affrontare il parto, un volta donne, infatti, in quel momento non dovranno emettere alcun lamento, o scenderebbe su di esse la vergogna.
Il segno sul corpo è indice di coraggio e di aver saputo affrontare il dolore la sua indelebilità indica l'irrevocabilità del ruolo sociale dell'individuo in un gruppo
Nei popoli africani e in Kenya si continuano ad effettuare modifiche sui genitali per non confondere le donne della loro gente con quelle europee.
Si tratta di riti fortemente identificativi, tanto che negli anni trenta/quaranta del Novecento il primo presidente del Kenya indipendente, Jomo Kenyatta, li rivendicò come eredità nazionale.
L'uomo in ogni parte del mondo necessita di una identità che lo classifichi entro determinati confini culturali, linguistici e geografici ben distinti, da questa necessità si creano quelle differenze che portano oggigiorno a sentire un "noi" e un "loro", in cui tutto ciò che è "altro" è visto con sospetto come se fosse una minaccia. Le basi della xenofobia sono sepolte in queste ancestrali differenze.
Così accade per le pratiche dei Masai, la nostra cultura e la nostra educazione non ci permettono di comprenderle sino in fondo.
Alla nostra vista, la loro tradizione può apparire arcaica e crudele, ma ciò non esclude che anche noi “moderni” abbiamo pratiche altrettanto singolari. Ad esempio, mediante la chirurgia estetica, apportiamo modifiche corporali non inferiori a quelle dei Masai e cerchiamo di creare quella che è la chiave dell'esistenza della vita dell'uomo in ogni parte del mondo: l'identità.